Gli artisti «ricordano» Palazzo Archinto
Chi passa da via Olmetto, dietro via Torino, in pieno centro, è colpito dalle targhe in metallo che da qualche giorno sono appese al muro dello storico palazzo Archinto: «Fate il vostro dovere per ottenere il rispetto dei vostri diritti». «Lavorate in silenzio. Chiacchierando si produce poco e male». O ancora: «Chi fa il lunedì rinuncia a migliorare la propria posizione». Messaggi simili, con le cosiddette «tabelle educative», erano collocati un tempo all’interno delle fabbriche. Ora quelle targhe, riprodotte dal designer Fabrizio Bellomo, fanno parte di una mostra con opere di sessanta artisti organizzata dal gruppo ArtCityLab. E attirano l’attenzione sul palazzo quattrocentesco a un passo dal Duomo, che giace da tempo incredibilmente vuoto. Il Golgi-Redaelli ha finito di trasferire altrove i suoi uffici e lasciato in via Olmetto soltanto il prezioso archivio, con 15 mila pergamene e manoscritti. Nel cortile d’onore c’è la pianta di glicine più antica di Milano, in una sala frammenti di affreschi del Tiepolo. I proprietari più antichi di cui c’è traccia sono i Del Conte, che nel Seicento vendettero ai nobili Archinto. Tre secoli dopo il palazzo passò al Comune, poi al GolgiRedaelli. L’istituto geriatrico ha provato ad affittarlo. Nessuno si è fatto avanti.