Ex cinema, nuova vita Ma 15 sale sono spente
Negli anni sono 137 gli spazi convertiti in hotel, ristoranti o negozi
Una ricognizione del Politecnico ha concluso una map- patura delle vecchie sale cine- matografiche milanesi, oggi abbandonate. Sono 15 i cinema su cui il sipario è calato, come il Nuovo Arti di via Mascagni o l’ex Maestoso, all’an- golo tra corso Lodi e viale Umbria, due delle sale in trattativa per una nuova destinazione d’uso. A Milano sono 137 le sale che, nel tempo, sono riuscite a convertire l’attività: 80 sono diventate negozi, locali, ristoranti o spazi per eventi; altre 40 residenze o alberghi.
«È difficile cambiare attività agli spazi perché spesso le strutture interne non sono molto flessibili» spiega Barbara Coppetti, esperta di studi sulla rigenerazione urbana.
Saracinesca tutta rotta, cocci di bottiglie e immondizia nelle intercapedini, lì da chissà quanto. Il cinema De Amicis, in pieno centro, è chiuso dal 2002 e nessuno dà segno di volerlo rilevare, riportare in vita. O anche solo riconvertire per un altro uso, sociale o commerciale. In queste condizioni, a Milano, ci sono una quindicina di cinema dislocati soprattutto nella parte Nord-Est della città. Il Politecnico ha concluso una ricognizione delle sale abbandonate. Tra quelle ci sono anche il Nuovo Arti di via Mascagni e l’ex Maestoso, all’angolo tra corso Lodi e viale Umbria, che forse sono vicine alla svolta.
Per la prima, secondo fonti finanziarie, c’è un possibile acquirente interessato a trasformarla in negozio. Per la seconda, il destino è più complesso. Chi l’ha rilevata, anni fa — sotto il nome di Italcine — voleva realizzare, al suo posto, un centro commerciale. Aveva iniziato a studiare il progetto che nel tempo si è rivelato molto complicato. Adesso si sarebbe fatta avanti una società che crea contenuti media per la televisione e Internet: vorrebbe fare lì la sua sede, aggiungendo una scuola di formazione per giovani talenti. Con tutte le incognite del caso, le trattative sono in corso.
Fu quello il primo cinema di Milano ad avere le poltrone imbottite e la macchinetta automatica per i pop corn; la signora che staccava i biglietti era vestita come le hostess degli aerei e salendo dalle imponenti scale, si arrivava alla magia del grande schermo. Resta la facciata esterna color porpora, con porte e finestre murate. E sotto la pensilina il covo di un senzatetto che si è sistemato lì, con un materasso e una specie di tenda che lo ripara dal freddo e dagli sguardi di chi passa e si ricorda «il cinema che fu». L’obbligo di adeguarsi alle tecnologie digitali, entrato in vigore tre anni fa, ha accelerato la progressiva dismissione dei cinema.
A Milano 137 sale sono riuscite a riconvertirsi: di queste 80 sono state trasformate in negozi, locali, ristoranti o spazi per eventi. Altre 40 in residenze o alberghi. E le rimanenti sono state destinate alle attività più varie, «non senza difficoltà perché gli edifici hanno spesso strutture interne non molto flessibili», valuta Barbara Coppetti, ricercatrice del Politecnico ed esperta di studi sui vari aspetti della rigenerazione urbana.
Questo spiega perché quei 15 cinema, quasi tutti di proprietà privata, sono rimasti abbandonati. Fermo il Nuovo cinema Orchidea di via Terraggio (la gara per assegnare i lavori di adeguamento e restauro partirà entro l’anno, assicura il Comune). Dismesso lo Splendor di viale Gran Sasso, stretto tra un marciapiede usato come parcheggio e un maxi locale di slot-machine. In corso Buenos Aires, nella galleria progettata da Mario Bottoni, c’è l’ex Astor: una banca vuole demolirlo internamente, per creare negozi e uffici. Ancora, nulla si muove all’Alexander di via Palmanova, allo Zodiaco di viale Padova e all’Ambra di via Clitumno: qui resiste ancora l’insegna, ma con sole tre lettere: «Cin...».
Le altre sono franate a terra. Coppetti, insieme con i docenti Corinna Morandi, Ilaria Valente e Massimo Bricocoli, dai cinema in stato di abbandono è partita con il progetto «Riformare Milano» dove si immaginano destini culturali diversi, e architettonicamente compatibili. L’ex Cittanova — al quartiere Giambellino — potrebbe diventare centro di aggregazione giovanile. L’ex Adriano di via Gulli sarebbe adatto a sperimentazioni nel campo della danza. E il Garden di via Durazzo a contaminazioni tra cinema e arti visive, anche on demand, su richiesta. «Sono tutte storie da ripensare. Piuttosto che lasciare gli edifici in malora, la comunità potrebbe farsene carico, l’amministrazione incoraggiare usi utili al territorio». Le proprietà private, però, dovrebbero essere d’accordo.