SEI PAROLE E UNA SFIDA DI GOVERNO
Il momento di Milano ha vari nomi: insieme sono il discorso che la città può tenere a sé, al Paese, all’Europa. Stile di vita, andare oltre il fare. L’ha detto Sala, invitando a non correre; lo scrisse quarant’anni fa Martini esortando alla dimensione contemplativa della vita. Avere progetti, lavorare, muoversi, senza dimenticare però di riflettere, coltivare una visione generale del mondo e delle cose sono la premessa del fare.
Squadra. Non si va da nessuna parte se non ci si comporta da orchestra. Conta se ciascuno strumento riesce a unirsi all’insieme, a puntare sull’armonia, sullo spartito comune.
Politica. Milano è modello se la politica coniuga tradizione e creatività. Ci si aspetta l’attuazione di Costituzione e leggi. Forse anche per questo la città non s’è scaldata per referendum e autonomia. Il simbolo di cultura politica è Renzo Piano, coll’immagine del «rammendare». C’è da puntare su progetti e risorse (aree Expo, scali ferroviari), ma ci sono anche le ombre di periferie, degrado (via Gola), povertà, lavoro ai giovani, insufficienze di servizi sociali e sanità, assenza di luoghi di aggregazione.
Simboli. Non è un caso che il momento coincida con le celebrazioni storiche del Duomo. La Veneranda Fabbrica unisce tante cose: lavoro continuo; collaborazioni diverse; risorse pubbliche e munificenza privata; laicità e spiritualità. È metafora che si può crescere, cambiare e rimaner se stessi.
Istituzioni. Le istituzioni locali son riuscite sempre a collaborare pur nella dialettica tra diverse maggioranze di Comune, Provincia, Regione. Il bene comune ha prevalso, con esiti alterni, ma terrorismo e Tangentopoli non sarebbero stati sconfitti altrimenti. Le regionali son banco di prova; interessi particolari, zone grigie, criminalità dei colletti bianchi, collusioni, restano in agguato. I partiti hanno l’occasione per mettere in campo: ideali; eticità; progettualità e contribuire a rendere la responsabilità sentire comune da trasmettere alle generazioni. Autostima. Il ripetersi di affermazioni quale «ho scelto Milano» è un modo per mostrare il consenso che la città sta raccogliendo. Ci vuole ora la riscoperta dell’orgoglio ambrosiano. Monsignor Delpini ha esplicitato l’esigenza: «Occorre aver voglia di pensare la città del domani. Come sarà? Riflettiamoci, magari incominciando a costruire qualcosa di nuovo insieme agli stranieri invece di continuare a parlare di integrarli». Insomma, l’autostima comporta anche un cambio di mentalità, linguaggi, mete. Con coraggio e spirito di servizio.