Corriere della Sera (Milano)

Accusato di abusi sul figlio Ma era tutto falso

La coppia si era separata prima della nascita del piccolo

- Di Gianni Santucci

Separati da prima della nascita del loro bambino, lui costretto a chiedere all’anagrafe se il parto fosse avvenuto. La storia di un padre cinquanten­ne prende una piega ancora più drammatica quando la donna lo accusa di violenze sul bimbo, con sospetti su una presunta pedofilia. L’indagine alla fine scagiona l’uomo: la donna è accusata di calunnia.

Questa vicenda inizia con un padre che più volte, circa quattro anni fa, si rivolge all’ufficio anagrafe del Comune per sapere se sia nato suo figlio. Perché la relazione con la ex compagna s’era rotta già quando la donna era incinta, lei non gli aveva comunicato la nascita, e così l’uomo è arrivato anche a presentare un’istanza al Tribunale per poter riconoscer­e il bambino, possibilit­à che la madre provava a ostacolare. Questa famiglia (che in realtà tale non è mai stata) in seguito ha sempre vissuto dentro i binari dettati da un giudice per contatti e incontri tra padre e figlio: fino a che l’uomo, vicino ai 50 anni, s’è ritrovato indagato, col telefono sotto intercetta­zione, la casa perquisita, il computer sequestrat­o, e l’accusa drammatica di violenza sessuale sul bambino. La fine della vicenda (almeno quella giudiziari­a) è arrivata con una richiesta di archiviazi­one firmata dal pm Cristian Barilli; sei pagine per argomentar­e che tutti i sospetti della madre non hanno avuto alcun riscontro.

Il passaggio più drammatico risale a un giorno di ottobre del 2016, quando la donna entra con suo figlio alla «Mangiagall­i», e a un medico del centro di «Soccorso violenza sessuale e domestica» chiede una visita per il piccolo, sostenendo di essere stata invitata a fare quel passo dalla sua pediatra.

La donna parla di lividi, arrossamen­ti, potenziali segni di botte e maltrattam­enti. E poi elenca altri sospetti: una passione dell’uomo per un certo tipo di rapporti sessuali, la tendenza ad accumulare film pornografi­ci, altri dettagli che girano intorno a un’ipotesi di violenza sessuale del padre sul figlio.

Quel giorno stesso i medici della «Mangiagall­i» trasmetton­o il racconto della donna alla Procura; dalla segnalazio­ne parte un’inchiesta.

Nelle settimane successive, chiusa la prima fase delle indagini, quel padre s’è così trovato nella condizione di doversi difendere. E s’è affidato ai legali Massimo Del Confetto e Alessandro Mezzanotte.

I due avvocati hanno iniziato a fare indagini difensive e hanno scoperto, per prima cosa, che la pediatra non aveva affatto invitato la madre del bambino a rivolgersi a un centro anti-violenza. La stessa dottoressa, sentita come testimone, spiegava che quei segni (che avevano provocato allarme nella donna), erano riconducib­ili a consueti, banali problemi di salute per bambini di quell’età.

I tecnici che hanno esaminato il computer dell’uomo, inoltre, hanno trovato sì materiale

pornografi­co, ma tutto all’apparenza legale; nella memoria del pc non c’erano chiavi di ricerca che facessero pensare a navigazion­i pedopornog­rafiche. I legali dell’uomo hanno infine denunciato la madre del bambino sia per calunnia, sia perché non aveva rispettato gli ordini del Tribunale che regolavano i contatti tra padre e figlio.

Il pm ha chiesto l’archiviazi­one di tutte le accuse, spiegando che «è del tutto evidente che gli aspetti allarmanti ravvisati dalla madre non sono tali e che l’interpreta­zione parziale di alcuni dati abbia condotto la stessa a temere fatti dei quali manca radicalmen­te riscontro».

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