Notti all’aperto senza soldi
Presi quattro romeni: si nascondevano nei parchi senza soldi e telefoni. Obiettivo Rolex
Dopo le notti all’aperto senza soldi né telefoni — come da regola dell’«Accademia dei ladri» — progettavano il colpo Rolex in Montenapo. Ma alla fine hanno ripiegato su un’orologeria di via Lupetta. Dove sono stati arrestati.
Tata è chiuso in carcere da più di tre anni. Ma la prigione, che pure gli va stretta, non gli ha tolto spirito né inventiva. La sua Accademia dei criminali, vicino alla città di Cluj in Romania, continua a sfornare i ladri migliori d’Europa.
Non sono più (solo) i ragazzi dell’orfanotrofio di Piatra Neamt, quelli erano già stati arrestati per il colpo milionario da Franck Muller in via della Spiga (2013). Ora i soldati di Adrian Marin Botez, detto Tata, 40 anni, il «rettore» dell’Accademia, sono un po’ più vecchi. Ma i metodi e gli obiettivi non sono cambiati.
I quattro rapinatori romeni arrestati lunedì mattina dalla Mobile erano arrivati in Italia da quattro giorni, con un obiettivo preciso: assaltare l’orologeria Rolex di via Monte Napoleone. E solo per un caso la banda, rimasta dimezzata dopo che altri quattro rapinatori non sono riusciti ad arrivare in tempo a Milano, è stata costretta a cambiare obiettivo in luogo di una più facile orologeria di via Lupetta, traversa di via Torino. Poco male, perché il colpo avrebbe comunque fruttato più di mezzo milione tra gioielli e orologi. Quanto bastava per giustificare le tre notti passate nei parchi pubblici a dormire al freddo, senza cibo e senza soldi. Prima al Parco Ravizza, poi a Sesto e infine al Giambellino. Come vogliono le rigide regole dell’Accademia: niente casa, niente soldi, niente cellulare, niente distrazioni.
Solo uno dei soldati aveva diritto al cellulare ma solo per comunicare con Robert Chele, il colonnello-basista del gruppo. Lui che ha trascorso molti anni tra Roma e Milano era il solo a comunicare con la Romania. Telefonate comunque preziose che hanno permesso agli investigatori della Mobile — diretti da Lorenzo Bucossi e guidati dal capo dell’Antirapine Luca Izzo — di monitorare i loro piani e i loro spostamenti. Anche se per sventare il colpo è stato necessario un pedinamento a vista durato quattro giorni interi. Notte e giorno seguendo i movimenti di quei ragazzi che si muovevano in centro guardano le vetrine delle gioiellerie in attesa della preda giusta. Così quando il più giovane del gruppo, appena diciottenne, è entrato nell’orologeria Lupetta, ad aspettarlo nei panni di un finto orefice c’erano due poliziotti e altri colleghi erano sparpagliati tra via Torino e via Mazzini. Più di quaranta agenti che hanno subito bloccato anche i complici che facevano da palo all’esterno e che, nei piani, sarebbero dovuti entrare nella gioielleria per sfondare con i martelli le vetrine. Secondo la più classica tecnica dello smash and grab, spacca e prendi.
Questa storia inizia tre settimane fa, quando arriva la segnalazione che Robert Chele, 40 anni, è rientrato a Milano dalla Romania. Lui è in contatto con uomini dell’organizzazione guidata da Tata Botez. Gli agenti dell’Antirapine iniziano a monitorare i suoi contatti e scoprono che sta attendendo l’arrivo di alcuni soldati (come vengono chiamati i rapinatori) dalla Romania.
Tutto si svolge tra il 27 e il 30 ottobre, lunedì. Chele rientra a Milano in auto. Con un pullman arrivano invece tre soldati. Così la banda, mentre effettua sopralluoghi (filmando con i cellulari le vetrine dei negozi) tra via Monte Napoleone e via Mazzini, individua nell’orologeria Rolex l’obiettivo del prossimo colpo. Ma c’è un imprevisto perché quattro rapinatori che devono arrivare dalla Romania non riescono a raggiungere Milano e così dopo giorni di attesa il capo dice che è meglio concentrarsi su un obiettivo meno complesso.
Si sceglie l’orologeria di via Lupetta. I poliziotti non lo sanno ancora, ma lo capiscono proprio seguendo i soldati su e giù per Milano. Si muovono solo con mezzi pubblici, i soldi per le spese minime vengono forniti da Chele. Dormono dove capita, stesi sulle panchine.
Domenica notte però si spostano. Dal Giambellino salgono in tram e raggiungono il centro. «Hanno nascosto martelli e altri oggetti vicino alla gioielleria», dicono gli inquirenti. Armi che però non saranno ritrovate, forse perché lasciate nei cestini della spazzatura. Ma i poliziotti capiscono che l’obiettivo è quello e così il lunedì mattina ci sono due agenti della Mobile a fingersi gioiellieri. Appena il più giovane entra, i poliziotti gli balzano addosso. Chele viene preso a Sesto: stava aspettando l’arrivo dei soldati con la refurtiva.
I tre vengono arrestati in flagranza, per lui scatta il fermo. Tutti provvedimenti convalidati dal gip per tentata rapina.