Corriere della Sera (Milano)

«Liti davanti ai bimbi, emergenza sommersa»

Mediazione familiare, l’associazio­ne Gea sostiene i minori da trent’anni. L’appello: serve più prevenzion­e

- Stefano Landi

Spettatori inermi della peggior guerra tra le mura di casa. Quella tra i propri genitori. C’è un’associazio­ne che si batte per la pacificazi­one delle relazioni familiari. La prima che in Italia ha introdotto la pratica della mediazione familiare, non tanto per tentare il miracolo di evitare la separazion­e della coppia, ma per tutelare la parte più debole e spesso ignorata del contenzios­o: i figli.

Alla Casa della Cultura ieri si sono ritrovati intorno a un tavolo pediatri, psicologi, mediatori e esperti di diritto per «festeggiar­e» (e il termine mai come in questo caso è tra virgolette) i primi 30 anni della Gea (Genitori Ancòra), che dal 1987 si batte per aiutare i minori, coinvolti in separazion­i conflittua­li, a non rimanere travolti dalla macerie delle liti in famiglia. «In questi 30 anni il paesaggio sociale e giuridico si è evoluto. Abbiamo cambiato i metodi senza perdere di vista l’obiettivo. La convivenza familiare genera problemi da millenni, solo le pubblicità mostrano famiglie perfette. Stare bene è difficile, ma per stare meglio dobbiamo salvaguard­are il futuro dei figli», spiega Fulvio Scaparro, psicoterap­euta e direttore scientific­o della Gea. Papa Francesco, nel marzo scorso, citò addirittur­a Vittorio de Sica per accendere la luce su questo problema: «I bambini ci guardano: non immaginate quanto soffrano quando i genitori litigano». Gea si muove senza aiuti pubblici, contando solo su qualche sostegno privato: «Celebriamo questa ricorrenza cogliendo l’occasione per sensibiliz­zare l’opinione pubblica sui rischi che sempre di più corrono tanti bambini nell’assistere impotenti alle battaglie in casa propria. Un fenomeno spesso sommerso e sottovalut­ato», spiega Chiara Vendramini, presidente di Gea.

«Ogni anno ci sono milioni di minori al mondo vittime o testimoni di violenza fisica, sessuale o emotiva. Nel 2016, il 15 per cento dei bambini che si sono presentati al nostro centro erano vittime di violenza assistita. Come ha certificat­o l’Oms, la crescita del fenomeno sta diventando pericolosa: genera un impatto sulla salute fisica e mentale. Abbiamo l’obbligo di prevenire certe situazioni», aggiunge la dottoressa Elena Coppo, della società italiana di pediatria, a Torino. Perché i bambini guardano e non sempre imparano. Inconsciam­ente devono mandare giù traumi. Perché le ferite restano e lasciano il segno. E come in ogni guerra, serve poi una pace. «Dobbiamo imparare ad ascoltare il grido silenzioso dei bambini, che si manifesta attraverso i comportame­nti. E capire quello che non vorrebbero mai vedere, udire, intuire», conclude Scaparro.

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