Un’altra fiera per l’arte contemporanea
The Mall
Nell’affollato panorama internazionale delle fiere d’arte, il Miart di Milano ha impiegato molti anni prima di riuscire a posizionarsi nel mercato e a ritagliarsi la sua specifica identità. Eppure quella faticosa esperienza non ha intimorito gli organizzatori di una nuova fiera, Grandart, che inaugura oggi alle 18 su invito. Promossa da Ente Fiera Promoberg e da Media Consulter, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, raccoglie 53 gallerie italiane nello spazio The Mall (piazza Lina Bo Bardi, ingresso € 10) fino a domenica dalle 11 alle 20. Si presenta come un appuntamento «dedicato a tutte quelle gallerie e artisti che si muovono in quel perimetro della pittura, della scultura e delle arti applicate che mantiene uno stretto legame con le tecniche, con la poetica dei materiali, e con la grande storia dell’arte». Parole dietro cui si cela una dichiarazione di guerra (e di orgoglio) lanciata da gallerie solitamente escluse dalle selezioni delle grandi fiere internazionali (e anche di Miart) perché rappresentano artisti non inseriti nel circuito delle Biennali e dei musei che fanno tendenza. In soldoni, per gli insider del piccolo ma miliardario gioco dell’arte, è sempre la vecchia battaglia che da anni si combatte fra critici come Vittorio Sgarbi da una parte e i Francesco Bonami o Achille Bonito Oliva dall’altra. E infatti Angelo Crespi, direttore artistico e critico militante nella prima fazione, spiega così quale tipo di opere il pubblico troverà a Grandart: «In Italia i pittori, soprattutto i pittori della figurazione, hanno patito un pregiudizio ideologico che spesso li ha costretti ai margini, escludendoli dal mercato e dalle istituzioni più importanti. Credo che ci sia un segmento da presidiare, che necessitava di una fiera come GrandArt, nel quale si muovono collezionisti che non considerano l’arte solo un campo di speculazione economica». Insomma, sembra proprio che nell’era post ideologica, in Italia l’arte sia rimasto forse l’ultimo baluardo ideologico.