Convince in scena il thriller di Eco
La nera duttile scena di Margherita Palli si trasforma, con suggestive proiezioni video, in cappella, cella dell’abbazia, cucina, biblioteca, accendendosi degli stati d’animo dei personaggi. Sono i luoghi del celeberrimo romanzo di Umberto Eco, dalle molte definizioni gothic novel, cronaca medioevale, romanzo poliziesco, teologico, allegoria e giallo filosofico, «Il nome della rosa», evocati sul palcoscenico per far vivere le vicende raccontate dal vecchio benedettino Adso che all’epoca dei fatti era un giovane novizio sotto la guida spirituale del francescano Guglielmo da Baskerville, venuto all’abbazia per risolvere casi di sparizioni e morti tra i monaci (al Teatro Franco Parenti, fino a domani). La versione di Stefano Massini, con l’adattamento e la regia Leo Muscato, ha il pregio di raccontare con bella efficacia e con misura il romanzo di Eco facendo levitare alcuni significati quale la ferocia della lotta fra chi crede in possesso della verità e tirannico difensore, agisce con tutti i mezzi per difenderla, e chi al contrario concepisce la verità come la libera conquista, una conoscenza. Alla riuscita dello spettacolo concorre la bravura recitativa intelligente, pacata e ironica di Luca Lazzareschi, Guglielmo, e di Eugenio Allegri e di una valente compagnia, tredici attori per quaranta ruoli.