Festa Bookcity (anche social) per 175 mila
Bilancio positivo per il festival. I librai di periferia: visitatori anche da fuori regione
Chissà se adesso che Bookcity ha trovato un nuovo modo di far parlare i libri anche con chi non li aveva mai «ascoltati», qualcuno altrove cercherà di scopiazzare la formula magica. I numeri dicono che 175 mila persone hanno partecipato al lungo weekend di Bookcity (l’anno scorso il bilancio era di 160 mila). Con lo spirito con cui si va a una festa. Erano 80 mila, nel 2012, per la prima edizione, che sembra lontana una vita. «Riuscire in cinque anni a diventare un appuntamento che i milanesi aspettano guardando l’agenda è un grande risultato. Ormai è una piattaforma di dibattito pubblico capace di esprimere la pluralità delle idee. Si respira il senso di condivisione di un’esperienza che non è calata dall’alto come succedeva negli anni 70-80, ma costruita insieme dal basso» spiega l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno.
Bookcity funziona perché è diffuso. Musei, teatri, scuole, università, biblioteche, librerie, ma anche palazzi storici, tram, associazioni, bar e case private hanno aperto le porte. Per un totale di 1.100 eventi. Sopravvivendo al rischio di risultare troppo dispersivi: «Fa parte dello spirito di questo festival ampliare costantemente l’offerta — spiega Luca Formenton, presidente di Bookcity —. Volutamente non abbiamo una direzione editoriale né un taglio tematico. La scelta è
Formenton Ampliare l’offerta fa parte dello spirito di questo festival aperto che non ha un taglio editoriale perché punta sui cittadini
accogliere gli eventi che ci propongono i cittadini e le associazioni, non solo gli editori. Questo genera una partecipazione totale, molto locale e allo stesso tempo molto internazionale. Una cosa che somiglia tanto a Milano»
Tra le novità di questa edizione, l’apertura dei salotti privati a reading e presentazioni, per eventi intimi per una media di 12 persone con i padroni di casa che offrivano tè e pasticcini. E poi le 65 librerie che hanno ospitato appuntamenti, condendoli con merende o aperitivi: «Dobbiamo insistere su questa idea, anche se ci vorrà tempo per consolidare un pubblico nuovo. È arrivata la conferma che i milanesi hanno voglia di muoversi e quest’anno il tempo ci ha dato una mano. Tre giorni di sole a metà novembre aiutano parecchio», dice Samuele Bernardini, direttore della Claudiana, in via Francesco Sforza. La scommessa però è stata vinta anche fuori dal centro della città. «Ci dicevano che nessuno ci avrebbe considerato, invece durante questo weekend da noi è arrivata gente anche da Bolzano», racconta Mariana Marenghi, Condivisioni in crescita anche tra Facebook e Instagram: 130 mila i contatti sul sito web 36 anni, che recentemente in una piccola traversa nel cuore di via Padova ha aperto il «Covo della Ladra», specializzata in gialli e noir. In un quartiere multietnico, poliedrico, ma soprattutto senza librerie: «È da queste parti che è nata la Ligera, la mala milanese. Quindi era il posto adatto» dice Mariana. Una sfida ampia a cui ha partecipato anche un esercito di 500 volontari. Una partecipazione dal basso che ha coinvolto sempre più giovani. Un indice è il successo ottenuto dalla manifestazione anche sui social, con una crescita del 25 per cento su Facebook e dell’’80% su Instagram, rispetto a un anno fa. «Ieri mattina ero a fare colazione in un bar e avevo il badge al collo. Una ragazza mi ha chiesto se lavoravo per il festival. Poi mi ha ringraziato», aggiunge Formenton.
Da oggi BookCity passa la staffetta alla «Music Week». Neanche il tempo di riprendere fiato e Milano, dopo la scorpacciata di libri, serve il menu «all you can eat» per una settimana nel segno della musica. «Non ci sarà l’effetto saturazione: essendo alla prima edizione, la ‘Music Week’ sarà una sperimentazione. Dedicheremo attenzione a ciò che ruota intorno alla musica a 360 gradi, non solo agli artisti» conclude Del Corno.
Del Corno In cinque anni l’evento è diventato imperdibile Momento di dibattito pubblico costruito tutti assieme senza imposizioni
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