Colapesce in Santeria Elogio dell’indipendenza
Il cantautore siciliano di «Infedele» al Santeria: «Bisogna rendere merito ai veri indipendenti»
È uno dei nuovi volti del cantautorato italiano, Colapesce, al secolo Lorenzo Urciullo. Il nome d’arte si rifà a una leggenda diffusa in Sicilia, terra d’origine del musicista 34enne, stasera al Santeria Social Club con il nuovo disco «Infedele»: 8 tracce — alcune dal sapore più acustico, altre più elettriche, come l’ottima «Pantalica» — prodotte con Mario Conte e Iosonouncane, songwriter che qualcuno conoscerà per il bel brano «Stormi». Un viaggio «infedele» nel senso di eclettico, ottenuto, spiega Urciullo, «facendo attenzione a non perdere il focus sul lato creativo. Mi sembra che la recente ondata di cosiddetti “indies” si stia traducendo nella ricerca di ciò che funziona alla radio», osserva il cantautore. «Sento troppe cose simili ad altre, il rischio è che si finisca tutti nello stesso calderone, mentre bisognerebbe rendere merito a chi porta avanti un discorso artistico alla ricerca di una personalità, da vero indipendente».
La sua tesi è che «la musica alternativa è un anticorpo culColapesce turale e se è uguale a quella proposta dai talent è un problema, come lo è se i promoter smettono di rischiare concentrandosi solo su nomi che assicurano gente». Sono le leggi del mercato, ribatterebbe qualcuno. A ogni modo, in mezzo a tanta concorrenza, si è ritagliato una buona fetta di pubblico, non a caso il live in Santeria è sold out. Il tutto con Battiato nel cuore. «Lui è un mio grande idolo, ma ascolto musica di ogni genere, da Roberto Murolo ad Aphex Twin», confida. «Perciò il disco è trasverscrittori sale, anche se un fil rouge c’è ed è rappresentato dall’aspetto armonico delle canzoni e dal lavoro certosino sulle parole, a volte moderne, altre arcaiche». Non mancano i riferimenti letterari. «Uno è Vincenzo Consolo, con Luigi Capuana e Pirandello tra i miei siciliani preferiti», continua il cantautore, che in «Vasco da Gama» omaggia l’omonimo esploratore portoghese e il mare ricorrendo a un assolo di chitarra fado e a suoni presi dai documentari di Vittorio De Seta dedicati ai pescatori e ai minatori siciliani. Nell’album c’è anche Milano, fonte d’ispirazione di «Milano e Maometto», brano che sin dal titolo porta la mente alla questione migranti, al centro del dibattito politico odierno. «Le strofe parlano di posti esotici, le ho scritte pensando a “Onda su onda” di Paolo Conte; il ritornello ti catapulta a Milano, dove vivo da 4 anni», spiega Colapesce. «Vorrei lasciare aperta l’interpretazione, ma per me quello dei migranti è un dramma gestito male: i nostri politici, come dei Don Abbondio, non hanno mai fornito soluzioni reali. Io sono di Solarino, un paese di 7mila abitanti che ora, cosa molto positiva, ospita un centro di accoglienza che sta tentando la strada dell’integrazione».