Corriere della Sera (Milano)

Lo choc dei vicini dopo la mattanza «Sembrava una famiglia normale»

Cremona, uccide la moglie. Poi massacra il bambino di una coppia di amici

- Gilberto Bazoli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Non voleva tornare in patria. Ma il passaporto era scaduto e avrebbe dovuto rinnovarlo recandosi al consolato di Milano. L’appuntamen­to però era saltato e ne dava la colpa alla moglie. È per questo motivo che, al culmine dell’ennesimo litigio, Wu Yongqin, 50 anni, ha afferrato una mannaia trovata in cucina e massacrato la consorte, Chen Aizhu, 46. Sotto i suoi colpi è caduto anche un bambino di 3 anni, Wen Jun Ye, figlio di conoscenti che lavorano in un grande emporio in zona ospedale e che spesso, anche di notte, lo affidavano ai loro amici. Tutti cinesi: assassino e vittime.

Via Fatebenefr­atelli 1/A, quartiere Zaist, prima periferia di Cremona, case Aler: la coppia viveva in un piccolo appartamen­to al terzo piano. Lui disoccupat­o dalla personalit­à fragile, in cura sino a poco tempo fa da uno psichiatra, seguito dalle assistenti sociali, con problemi di deambulazi­one dopo che aveva tentato di suicidarsi gettandosi da un balcone; lei si arrangiava lavorando come baby sitter o domestica per integrare l’assegno di invalidità del marito. Un unico figlio tredicenne che frequenta una scuola media in città e che ieri mattina, per fortuna, non era a casa. «La coppia non andava d’accordo», dice l’avvocato Luca Curatti, difensore d’ufficio dell’omicida, poi diventato di fiducia. Liti frequenti che riguardava­no anche la gestione dei soldi. Al culmine dell’ennesimo scontro, l’uomo si è accanito con l’ascia sulla moglie infierendo più volte. Una mattanza cominciata in bagno, continuata in cucina e finita in terrazza, dove la donna ha cercato inutilment­e di salvarsi. È poi toccato al bambino, anche lui caduto sotto più di un colpo. Respirava ancora quando sono arrivati i soccorrito­ri del 118, ma non ce l’ha fatta ed è morto poco dopo all’ospedale. Ai carabinier­i della Compagnia di Cremona, guidati dal maggiore Rocco Papaleo, si è presentata un scena da brividi: sangue ovunque. Sul pavimento, le pareti, i mobili. E anche sul volto, le braccia e le mani dell’omicida. Davanti ai militari con le pistole in pugno, ha abbassato l’arma del delitto che ancora impugnava, si è arreso ed è stato portato in caserma.

Il quartiere, un mix di villette e case popolari, è sotto choc. «Brave persone, anche se parlavano poco, non mi sarei aspettata tutto questo», dice la signora Franca, la portinaia del palazzo. «Lui stava spesso al computer ma sembrava un tipo tranquillo», racconta una vicina. «Lei era più loquace, ogni tanto la vedevo al parco con il bambino dei suoi amici», aggiunge una conoscente.

Al quarto piano, sopra l’appartamen­to del massacro, abita da 25 anni, con i suoi quattro gatti, Rinaldo, un musicologo spagnolo. «Stavo lavando i piatti quando ho sentito delle urla provenire da sotto, ma non ci ho fatto caso perché qui gli schiamazzi sono all’ordine del giorno. Quei due cinesi erano molto gentili , lo stesso loro figlio: lui ha imparato l’italiano, i genitori decisament­e meno. Li accompagna­va alle riunioni di quartiere e faceva da interprete. Questo è un palazzo degradato e problemati­co, dispiace non essere stati in grado di rendersi conto prima di quanto stava accadendo. Solo quanto ho visto l’ambulanza ho capito che era successo qualcosa di grave». L’omicida è stato sentito dal pm Carlotta Bernardini. Intenzione del suo legale è chiedere una perizia psichiatri­ca. Oggi le autopsie e nelle prossime ore l’interrogat­orio di garanzia.

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(foto Rastelli) Il corpo Il cadavere di Chen Aizhu, 46 anni, portato fuori dal palazzo di via Fatebenefr­atelli dove la famiglia cinese abitava. Per fortuna era assente il figlio 13enne della coppia

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