Corriere della Sera (Milano)

MACCHINE CHE CREANO STORIE UN PATRIMONIO DA SALVARE

- gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, la prima macchina da scrivere la comprai nel 1959. Oggi ne ho 1.900. Con il passare degli anni la passione per questo strumento, che ha avuto la potenza di diffondere cultura nel XX secolo, è aumentata al punto da indurmi a creare a Milano un’esposizion­e fissa, in cui si possono ammirare esemplari rari e toccare con mano non solo la storia della macchina da scrivere ma anche la storia della scrittura, dalla incisioni rupestri al

mouse. Fanno parte della collezione anche un centinaio di Calcolatri­ci meccaniche ed elettriche.

Così è nato 12 anni fa a Milano un museo privato, con il «patrocinio gratuito del Comune - Zona 9», e ingresso libero. Numerose scolaresch­e hanno arricchito le proprie cognizioni storiche sulla scrittura e il mezzo meccanico che ha consentito di scrivere con i caratteri di stampa inventati da Gutenberg nel 1450. E fare calcoli veloci e precisi. Molte macchine esposte possiedono «un’anima», perché usate da personaggi importanti, come: quella di Matilde Serao, scrittrice e fondatrice del Mattino di Napoli; di Francesco Cossiga quando era alla Camera dei Deputati; di Camilla Cederna, giornalist­a milanese. La sede è in via Menabrea 10. Il museo è diventato un importante centro culturale, dove abbiamo organizzat­o vari concorsi di scrittura «cuneiforme dei Sumeri» e «geroglific­a dei Faraoni». Alcune macchine sono state esposte anche all’estero ma il tempo passa e tutto questo patrimonio di studi, ricerche, macchine, libretti di istruzioni e accessori dove può essere meglio collocato per i posteri? C’è un’istituzion­e, un ente o anche un gruppo capace di creare una Fondazione, per raccoglier­e questa eredità? Umberto Di Donato

Caro Di Donato, non ho nemmeno finito la sua lettera. L’ho messa in pagina rinunciand­o alla descrizion­e che fa delle macchine da scrivere: ricordano la preistoria (ormai) del mio mestiere. E mi sono commosso. Ho pensato a lei che ascolta, come Hugo Cabret, il ticchettio. E immagina Buzzati o Vergani o Montanelli che appallotto­lano il foglio e ricomincia­no a scrivere. C’è davvero un’anima, in quelle macchine. Io credo che Milano le verrà incontro. «Tempo di libri», per esempio, potrebbe mettere in vetrina qualche vecchia Remington o Olivetti d’autore. Si potrebbe fare una mostra in Triennale. Nell’attesa, sabato pomeriggio, chi vuole, può ammirare le sue meraviglio­se tastiere al Corvetto. Grazie.

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