Comunità ebraica Rimosso Romano
Hasbani: imprudente. La replica: dico ciò che non va. Delega alla Cultura tolta a maggioranza
La comunità ebraica si spacca e «licenzia» il proprio assessore alla Cultura Davide Romano. Una conseguenza della manifestazione pro Pa- lestina del 9 dicembre scorso, degenerata in un incitamento allo sterminio degli ebrei. E a pagarne il prezzo è proprio chi, per protesta contro quei fatti e contro il silenzio che ne seguì, disse che non avrebbe preso parte alle celebrazioni della Giornata della Memoria. Una presa di posizione che, sebbene condivisa da molti, è costata la poltrona a Romano: «Volevo rompere il silenzio e l’ho rotto — commenta a caldo —, il mio compito e dovere morale come assessore alla Cultura è denunciare quello che non va».
Corone di fiori davanti all’ex base delle SS Nel weekend concerti e visite al Memoriale
La comunità ebraica si spacca e dimissiona l’assessore alla Cultura Davide Romano. Una conseguenza della manifestazione pro Palestina in piazza Cavour il 9 dicembre scorso, diventata un incitamento allo sterminio degli ebrei. Ma paradossalmente a farne le spese è chi, per protesta contro quei fatti e il silenzio che ne seguì, disse che non avrebbe preso parte alle celebrazioni della Giornata della Memoria. Pur condivisa da molti, non ultima la regista Ruth Shammah, la presa di posizione è costata la poltrona a Davide Romano (il Consiglio l’ha «dimissionato» con 9 voti contro 8). «Volevo rompere il silenzio e l’ho rotto — dice lui, non nascondendo lo stupore —, il mio dovere morale come assessore alla Cultura è denunciare quello che non va». Divisi sulla sorte di Romano i due presidenti della Comunità. Milo Hasbani è il più netto: «Ognuno può dire ciò che pensa ma noi siamo uomini pubblici e dobbiamo stare attenti a non mettere in difficoltà la comunità». A tornare sui fatti del 9 dicembre è stato ieri il rabbino capo Alfonso Arbib, che ha parlato alle classi dei licei Tenca e Fermi e del linguistico Gentileschi, ospiti di Sala Alessi in Comune. Arbib ha spiegato che «la Shoah è complicata, è allucinante, è difficile da immaginare nonostante i racconti, le sofferenze, le crudeltà». Ma la Shoah, per quanto sia stata qualcosa di mostruoso, «non viene fuori dal nulla», ha spiegato il rabbino. Non nasce con il nazismo, affonda le radici in una storia più lontana. Il primo documento che parla di un «complotto ebraico», leit motiv che ritorna nei secoli, risale al 1144, «prima di qualunque idea di nazismo». E tornando su quelle grida risuonate a Milano in dicembre «che invitavano la piazza a un genocidio degli ebrei — ha concluso rav Arbib —, vi esorto a stare attenti alle varie mascherature dell’antisemitismo».
Per la Giornata della Memoria, ieri si è tenuta la cerimonia di deposizione delle corone davanti all’ex albergo Regina, che dal 1943 fu quartiere generale delle SS naziste e della Gestapo. Una targa oggi ricorda gli orrori avvenuti in quel luogo, dove prigionieri politici e dissidenti venivano torturati e deportati. «Oggi assistiamo a un pericoloso rifiorire di movimenti xenofobi, al ripresentarsi di termini come quello di razza che credevamo morti e sepolti», ha sottolineato il presidente dell’Anpi di Milano, Roberto Cenati. Alla cerimonia hanno partecipato l’assessore al Bilancio del Comune, Roberto Tasca, e il presidente del Consiglio regionale lombardo, Raffaele Cattaneo, che ha sottolineato come «dovere delle istituzioni è lavorare nel presente perché non accada più». Agenda piena per le celebrazioni. Stasera, il Conservatorio Verdi ospita il Concerto della Memoria. In programma l’adattamento di «Destinatario sconosciuto» di Katherine Kressmann con musiche di Ravel, Rodrigo e Hemsi. Quattro incontri tematici alla Palazzina Liberty nel fine settimana. Domani dalle 10 alle 18 prosegue l’open day con visite guidate gratuite al Memoriale della Shoah (su prenotazione). Tappa fondamentale il 30 gennaio, sempre al Memoriale, l’incontro con la Comunità di Sant’Egidio che ricorda gli ebrei partiti dalla Stazione Centrale. Porterà la sua testimonianza Liliana Segre, neosenatrice a vita, deportata ad Auschwitz il 30 gennaio 1944.