Gori e Fontana la sfida dei big messi in lista
Rossi capolista per Fontana. Il dem piace agli indecisi
Uno schema a sei o a sette punte. Giorgio Gori ieri ha ricevuto il via libera di Lombardia progressista, la lista ispirata a Giuliano Pisapia che sostiene il sindaco di Bergamo: il perimetro della coalizione sarà esteso ai civici popolari di Beatrice Lorenzin, che presenteranno una loro lista autonoma nel centrosinistra. È il modello analogo a quello nazionale. Ricapitolando: con Gori correranno il Pd, due liste civiche, Lombardia progressista (che potrebbe ospitare almeno un paio di parlamentari delusi di Leu, come Franco Bordo e Giovanna Martelli), gli ambientalisti e socialisti di Insieme e, appunto, la lista centrista. Rimangono i Radicali di Emma Bonino ancora alle prese con la raccolta firme. In molte province il numero di sottoscrizioni è ancora basso: c’è tempo fino a martedì ma è da escludere la soluzione a macchia di leopardo: la lista radicale sarà presente in tutta la Lombardia oppure rinuncerà. Il contrario di quanto farà invece, sull’altro fronte, la lista di Attilio Fontana che sarà sulla scheda in sole sette province su 12 (mancherà a Cremona, Pavia, Lodi, Mantova e Sondrio). Ieri la civica di Fontana ha presentato i suoi capilista: a Milano sarà l’assessore uscente Antonio Rossi, campione olimpico di canoa. «La lista si colloca in continuità rispetto alla precedente esperienza civica. Non è un partito politico camuffato, ma presenta dei candidati che hanno un profilo civico vero», ha detto il capogruppo uscente Stefano Bruno Galli. La lista Fontana nasce dall’esperienza della civica di Maroni ma all’interno del gruppo consiliare s’è consumata una scissione, tra diffide e carte bollate. Per questa ragione «da domani saremo costretti a raccogliere le firme», ha spiegato Galli.
Un sondaggio commissionato da Gori a Ipr marketing su 2 mila cittadini lombardi che si professano indecisi mette intanto in luce che in questa categoria il sindaco di Bergamo raccoglierebbe più consensi del rivale di centrodestra. Gori sarebbe più popolare (73 contro 43 per cento), ispirerebbe maggior fiducia (24 a 23) e godrebbe pure del favore dei pronostici tra gli intervistati (il 23 per cento lo indica come futuro presidente contro il 13 per cento che vede favorito Fontana). Colpisce soprattutto il dato sulle aspettative intorno alla prossima amministrazione: il 69 per cento di chi non ha ancora deciso si augura un consolidamento delle politiche regionali, mentre solo il 26 auspica un cambiamento radicale. Non è un caso che Gori vada parlando in queste settimane di un popolo di un 1,2 milioni di lombardi ancora da convincere ed è a loro che è rivolto l’ormai celebre «fare, meglio», lo slogan che infatti richiama a un riformismo soft.
In queste ore intanto le segreterie sono concentrate a chiudere le liste per le Politiche. I nomi entrano ed escono, in un complesso gioco di incastri ed equilibri. Tra le novità, il Pd che schiererà per Palazzo Madama, in un collegio di Milano città, il condirettore di Repubblica, Tommaso Cerno. La leader radicale Emma Bonino invece migra da Milano a Roma. Al suo posto sarà candidato Bruno Tabacci. La Lombardia è terreno di conquista per Forza Italia. Gli azzurri schiereranno non a caso diversi big e qualche nome nuovo, da Adriano Galliani a Giusy Versace (a Varese), dal manager Mediaset Pasquale Cannitelli a Carmelo Ferraro, presidente dell’ordine
Tabacci al Senato al posto della leader radicale che va a Roma Formigoni in forse
degli avvocati con un passato da candidato civico di centrosinistra. Passando alle riconferme, Umberto Bossi dovrebbe strappare un seggio, anche se Matteo Salvini pretenderebbe dal vecchio leader una specie di abiura dalle sue ultime esternazioni politiche. Il fondatore della Lega potrebbe tornare in Senato, candidato a Milano dietro all’attuale segretario. Anche Roberto Formigoni s’aspetta una riconferma dal suo partito, Noi per l’Italia. Potrebbe essere tra i capilista per il Senato in Lombardia.