Segnali di fumo dal museo «segreto»
Dalla pipa del re a quella mignon: Savinelli, gli oggetti rari di quattro generazioni
Il negozio Savinelli è in via Orefici dal 1876. Quattro generazioni si sono dedicate al mondo degli articoli per fumatori. E oggi, tra la fabbrica di pipe in provincia di Varese e gli uffici di Milano, esiste un doppio museo «segreto» pieno di oggetti rari. «Visite guidate a Molina di Barasso, mentre la collezione milanese è privata — spiega Giancarlo Savinelli —; ma non chiudiamo la porta agli intenditori».
La più famosa è quella del commissario Maigret. Erano gli anni 60: Gino Cervi, dal bianco e nero del teleschermo, l’ha resa un’icona. «C’è fumo e fumo — afferma Giancarlo Savinelli — la sigaretta è un vizio, la pipa un piacere». Classe 1960, è l’erede della dinastia che delle pipe ha fatto un’eccellenza italiana.
Il negozio Savinelli staziona dal 1876 in via Orefici, indifferente alle trasformazioni della città. «L’idea di aprire fu del bisnonno Achille — racconta Savinelli —. Da allora quattro generazioni si sono succedute in azienda». Dopo il fondatore arriva Carlo, che si circonda di un clan di appassionati. «Poi è la volta di mio padre Achille Junior — racconta l’attuale titolare —: è con lui che inizia la produzione in proprio e su grande scala nella fabbrica di Molina di Barasso a Varese. Io ho seguito le orme dei miei antenati in tutto». Anche nella cura di una collezione con esemplari rari che oggi fa bella mostra di sé in via Dogana, negli uffici amministrativi dell’azienda. «Tutto ha avuto inizio con il bisnonno: dalle vetrine tratteneva sempre qualche pezzo per sé. E così, di seguito, ognuno cercava le pipe pregiate da tenere in famiglia. Io addirittura ho partecipato all’asta del dismesso “Museo del Fumo” di Vienna: lì ho acquistato esemplari unici». Come la pipa «più grande del mondo, lunga quasi un metro», prosegue Savinelli, aprendo una custodia e mostrando un gioiello in radica cesellato a mano. «Questa — spiega indicandone un’altra — dicono fosse di Napoleone. Mentre quella con lo stemma dei Savoia era di Vittorio Emanuele II. Abbiamo collezionato circa 500 esemplari: pipe che vanno dagli inizi dell’Ottocento a oggi, fatte in terracotta, in ceramica e in radica». Tra gli scaffali occhieggiano pipe bianche, a forma di angeli e di putti, lavorate così finemente da sembrare gioielli: «Sono quelle in schiuma, la cosiddetta “sepiolite”, un minerale di magnesio, che le rende leggere e aggraziate». Ma è dentro una valigetta che il collezionista conserva il materiale più prezioso: le micro pipe (un centimetro circa di lunghezza) perfettamente funzionanti, riproduzione fedele delle sorelle maggiori. «Sono opere uniche, realizzate dal nostro Sandro Lucchina, che ora non c’è più. Non era un operaio: era un artista». Una buona pipa, prosegue l’esperto, «la si riconosce dalle venature della radica: più sono regolari, più il pezzo è di valore. E poi bisogna conoscere la differenza tra le pipe a “forma predefinita” sgrossate a macchina e quindi rifinite manualmente e quelle a “forma libera” sbalzate direttamente a mano da un blocco di radica, come una scultura. La nostra fabbrica, su prenotazione, è aperta per la visita guidata — conclude —. La collezione è invece privata, ma non voglio chiudere la porta ad appassionati e studiosi. Basta una telefonata: gli intenditori sono i benvenuti».