Guido Nicheli, una vita da cumenda
Attore per caso e odontotecnico per hobby, mille altri mestieri e una dolce condanna: quella di essere il «cinecumenda» per antonomasia, l’industrialotto un po’ «bauscia» milanese. Di Guido Nicheli (1934-2007) basterebbe ricordare tre interpretazioni: il signor Balestra di «Sapore di mare», fissato con le auto veloci, Donatone in «Vacanze di Natale» e Camillo Zampetti, industriale dell’insaccato nella serie Tv cult «I ragazzi della 3ªC». Sandro Paté ha dedicato a questo grande caratterista «See You Later Guido Nicheli, una vita da cumenda» (Sagoma) e presenta il libro oggi alle ore 18 al Colibrì caffè letterario (via Laghetto 9/11) con il professore e scrittore Piersandro Pallavicini e con il «milanese imbruttito», l’attore Germano Lanzoni. In ogni pagina il protagonista è il Dogui, come era soprannominato Nicheli: slang e modi di dire che sono diventati tormentoni, interviste con ricordi di amici che hanno lavorato con lui, registi, camerieri, familiari. Per scoprire quasi un dottor Jekyll e Mister Hyde alla milanese: costretto a interpretare un ruolo (di sicuro esagerato, mai cafone) che gli piaceva, coltivava la passione per la pittura e i viaggi in luoghi che poi sono diventati di moda. Andò in vacanza molto prima degli altri a Cadaqués, dove conobbe e frequentò Salvador Dalì. La sua battuta più riuscita (e più amara) non la disse sul set, ma a un gruppo di amici che una sera lo videro arrivare triste, quasi col magone. Gli chiesero che cosa avesse. Lui rispose, unendo anche in un momento tragico passione per le corse dei cavalli, dialetto meneghino e malinconia: «Fan minga piang. Agu il papà in diritur d’arriv» (mio papà sta tagliando il traguardo). Se duecentocinquanta pagine per una biografia di Nicheli vi sembrano troppe, aggiungiamo che il libro è un appassionato viaggio nella memoria della Milano anni Sessanta, Settanta e persino di quella da bere: quartieri, bar, night, artisti, persone e personaggi di una città che non c’è più.