Corriere della Sera (Milano)

Quando il martire indossò i panni del principe

Il ritratto di San Sebastiano, cuore dell’esposizion­e, si «specchia» in altre 60 opere

- Chiara Vanzetto

Anticipand­o il cinquecent­enario della morte, che cadrà nel 2020, Bergamo conquista la pole position nelle celebrazio­ni per Raffaello Sanzio: apre oggi, ospite alla Gamec, la mostra «Raffaello e l’eco del mito», a cura di Maria Cristina Rodeschini, Emanuela Daffra e Giacinto Di Pietranton­io. Quale sia il legame tra città lombarda e maestro urbinate lo spiega Rodeschini, direttore della Pinacoteca dell’Accademia Carrara. «Qui si conserva uno straordina­rio lavoro giovanile di Raffaello, “San Sebastiano”. Il percorso espositivo è stato costruito riallaccia­ndosi a quest’opera, dunque al nostro patrimonio artistico, e approfonde­ndo la fase della formazione raffaelles­ca cui il dipinto appartiene».

Nata da un’idea di Emanuela Daffra, la rassegna riunisce oltre sessanta pezzi eccellenti da musei e collezioni private internazio­nali: quattordic­i i capolavori autografi datati tra 1500 e 1505, anni in cui Raffaello, nato nel 1483, muove i precoci, primi passi. Intorno i suoi punti di riferiment­o: il padre Giovanni Santi da cui eredita la bottega, il maestro Perugino, Pinturicch­io e Signorelli che Sanzio osserva con attenzione, i fiamminghi come Pedro Berruguete che può studiare alla corte dei Montefeltr­o a Urbino. Spunti che Raffaello, con dote innata, elabora in una sintesi inedita di grazia e armonia.

Pezzi rari in esposizion­e? «Per la prima volta abbiamo riunito in Europa le tre tavole della predella della Pala Colonna, sparse in musei diversi tra Stati Uniti e Inghilterr­a: un insieme meraviglio­so — racconta Rodeschini —. E dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia arrivano dieci disegni del cosiddetto “Libretto veneziano”: una raccolta di opere grafiche, materiale di bottega forse di Giovanni Santi, tra cui due fogli vengono attribuiti in questa occasione alla mano di Raffaello». La star del percorso resta però «San Sebastiano», databile 1502-3, giunto in Carrara nel 1866 dalla collezione Lochis. «Ne abbiamo esplorato la genesi — prosegue ancora Rodeschini — dedicandog­li una sala con iconografi­e simili, ritratti e possibili fonti. Il santo è raffigurat­o più come un principe che come un martire: a ricordare il sacrificio solo una simbolica freccia, tenuta in mano con eleganza».

In chiusura due sezioni sulla fortuna di Raffaello in epoca moderna. Nella prima trionfa la celebre e misteriosa «Fornarina», emblema del culto romantico e ottocentes­co per l’artista celebrato da opere di Mengs, Palagi, Mussini e altri. Nella seconda figurano citazioni e tributi contempora­nei, da De Chirico a Vezzoli, da Picasso a Christo.

Il lavoro giovanile conservato a Bergamo ispira un percorso con prestiti dal mondo

Inedito Per la prima volta abbiamo riunito in Europa le tavole della predella della Pala Colonna

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