Corriere della Sera (Milano)

UN INCIAMPO ILLUMINA LA STORIA

- di Barbara Stefanelli

Si chiamano pietre di inciampo. E così è successo. Siamo inciampate nella prima mentre correvamo alla fermata del bus per andare a scuola. Un quadratino che riluceva pulito come le cose nuove tra il grigio delle pozzangher­e. Due tre passi oltre. E poi, con mia figlia tredicenne, siamo tornate indietro: via Conca del Naviglio numero 7, William Finzi, deportato nel 1944, muore a Mauthausen il 7 febbraio 1945. Abitava qui, a pochi metri da casa nostra: «Il giorno che lo hanno portato via, il signor Finzi deve essere uscito da questo portone davanti al quale sfrecciamo in ritardo tutte le mattine». Il tempo breve di pensare a lui, poi ci salutiamo e giro in fretta a sinistra per raggiunger­e la mia fermata del metrò, Sant’Ambrogio. E di nuovo quel bagliore sul marciapied­e. Via De Amicis numero 45, i tasselli sono due: Michelange­lo Böhm e Margherita Luzzatto, marito e moglie, arrivano ad Auschwitz nel febbraio 1944 e vengono subito destinati alle camere a gas perché giudicati inservibil­i vecchi.

Sono le mie strade, il mio quartiere, la città dove sono nata, ho studiato, lavoro. Ed erano le loro strade, il loro quartiere, la loro città. I gradi di separazion­e si rivelano un soffio della Storia, sono bastati tre sanpietrin­i d’ottone e queste persone hanno ritrovato un luogo preciso, fisico, sulla mappa della memoria: quello al quale appartenev­ano prima di essere raggiunte in quanto ebrei dalle leggi razziali e spedite nei campi di sterminio nazisti.

In questi anni abbiamo attraversa­to le stanze dei musei dell’Olocausto — Yad Vashem a Gerusalemm­e, il Museo Ebraico di Berlino, il Memorial Museum di Washington — e tuttavia vedere quei numeri civici, i portoni e le finestre, percorrere, correre lungo lo stesso selciato in una mattinata d’inverno è stato come accorciare le distanze. Era successo anche scendendo al Binario 21 della Stazione Centrale. Questa volta, però, scatta qualcosa di ancora più intimo: è successo qui, vicino a me, in mezzo a tutti noi, abbiamo condiviso lo stesso reticolo di strade e stradine, le stesse inquadratu­re di cielo tagliate tra i tetti dei palazzi. La Giornata della Memoria diventa concreta come l’asfalto sul quale cammino e al tempo stesso diffusa oltre il perimetro di quelle pietre incise. Da quando, nel 1995, l’artista tedesco Gunter Demnig cominciò a posarle a Colonia «per non dimenticar­e», le Stolperste­ine incastonat­e nei percorsi quotidiani d’Europa sono diventate 56 mila. A noi resta il compito di custodire le storie dei bambini, delle donne e degli uomini che vennero allontanat­i dalla nostra città e mandati a morire, immaginand­o di poterle riconsegna­re — una per una — alle loro vite interrotte.

Grazie alle ricerche della professore­ssa Alessandra Minerbi, ecco chi erano le persone nella cui memoria sono inciampata. Le porterò con me, ogni mattina.

Guglielmo (William) Finzi nasce a Milano il 28 luglio 1900. Sposa Bruna Mercandall­i, insieme hanno un figlio, Silvano. Il padre, Carlo Finzi, aveva fondato la casa d’alta moda «Maison Finzi» con sede in via Manzoni. Le toilettes di Francesca Bertini nel film muto Fedora, per fare un esempio, sono della Maison Finzi. Viene arrestato a Barzio il 10 maggio 1944 e condotto in carcere a Como. Deportato a Fossoli, il 2 agosto 1944 comincia il suo viaggio per Auschwitz: trasporto n. 72 da Verona. Giunge a destinazio­ne il 6 agosto. Il 25 gennaio 1945, dopo l’evacuazion­e del lager, viene trasferito a Mauthausen dove muore il 7 febbraio 1945.

Michelange­lo Böhm è di Treviso, classe 1867, a Milano si laurea in Ingegneria e sceglie di restarci. Sposa Margherita Luzzatto. Insieme hanno tre figli. Ingegnere del gas, già durante la Grande Guerra ottiene incarichi importanti per l’esercito e dal 1928 è docente di Termotecni­ca al Politecnic­o. Il 27 ottobre 1935 viene nominato Grande Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia. Dall’emanazione delle leggi razziali, nel 1938, perde tutto: allontanat­o dal Politecnic­o, radiato dall’Albo, depennato dai soci del Sindacato di Milano, revocata anche la nomina a Grande Ufficiale. Si rifugia con la moglie in Valsassina: «Che cosa volete che facciano a me che sono vecchio e che non ho mai fatto nulla di male?».

Nel dicembre 1943 i Böhm tentano la fuga in Svizzera, dove già sono i tre figli con i nipoti, ma vengono arrestati dalla Milizia Confinaria e incarcerat­i a Tirano. Nel gennaio 1944, Margherita viene deportata a Fossoli mentre Michelange­lo viene scarcerato perché ultrasetta­ntenne. Lei arriverà il 26 febbraio 1944 ad Auschwitz con il trasporto n. 27. Lui viene incarcerat­o a Milano il 29 gennaio e portato a San Vittore: il giorno successivo è sul convoglio per Auschwitz, trasporto n. 24. Vi giungerà il 6 febbraio 1944, venti giorni prima della moglie. Neppure il conforto dell’ultimo viaggio insieme. Entrambi finiscono immediatam­ente nelle camere a gas.

 ?? (LaPresse) ?? Simbolo La pietra d’inciampo posta in via Conca del Naviglio 7 dedicata a William Finzi, deportato nel 1944 ad Auschwitz poi trasferito a Mauthausen dove morì il 7 febbraio del 1945
(LaPresse) Simbolo La pietra d’inciampo posta in via Conca del Naviglio 7 dedicata a William Finzi, deportato nel 1944 ad Auschwitz poi trasferito a Mauthausen dove morì il 7 febbraio del 1945

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