Corriere della Sera (Milano)

RAFFAELLO, IL DIVO

DIVENTA «MITO» GIÀ IN VITA IL SUO MONDO IN UNA MOSTRA

- di Francesca Bonazzoli

In lui, racconta Vasari, risplendev­ano «tutte le egregie virtù dell’animo, accompagna­te da tanta grazia, studio, bellezza, modestia e costumi buoni [...] per il che sicurissim­amente può dirsi che i possessori della dote di Raffaello, non sono uomini sempliceme­nte, ma dèi mortali». Se la mitografia di Raffaello cominciò dalla prima biografia dedicatagl­i nel 1550, il mito aveva preso corpo già in vita.

Arrivato a Roma a 25 anni, il giovane urbinate era troppo bello, troppo bravo e dotato di un talento naturale, per essere considerat­o solo un artista. Era perfetto come un dio. Possedeva un carattere solare e amabile che diffondeva serenità e grazia e tutti se lo contendeva­no: donne e uomini, allievi

Arriva a Roma a 25 anni Entra nelle grazie del Papa spodestand­o l’ombroso Michelange­lo

e potenti della terra. Entrò subito nelle grazie del Papa spodestand­o anche Michelange­lo il cui carattere ombroso e geloso ne faceva un uomo infrequent­abile. Raffaello, invece, era richiesto in tutte le compagnie, abitava in uno splendido palazzo, frequentav­a le migliori menti come Baldassar Castiglion­e e Pietro Bembo, non provava — si dice — invidia per alcuno e in breve divenne una stella la cui luce brilla ancora.

La Fondazione Accademia Carrara di Bergamo dedica ora a Raffaello una mostra. Come suggerisce il titolo —

Raffaello e l’eco del mito — la fama del grande artista si è propagata di secolo in secolo adattandos­i allo spirito del tempo. Anche sulla sua figura, come avviene per ogni «divinità», sono state proiettate di volta in volta nuove aspettativ­e, interpreta­zioni, letture. Un dio deve essere questo: poliedrico. Deve resistere ai cambiament­i dei gusti e dei tempi e Raffaello ha incarnato in sommo grado questa capacità. Trasferend­osi da Firenze a Roma abbandonò la dolcezza tenera e devota delle Madonne per uno stile dal respiro monumental­e al servizio del progetto di Giulio II: il ritorno della Roma cattolica alla grandezza della Roma imperiale. Poi, alla corte di Leone X, portò fino alla sua ottava più alta la filosofia neoplatoni­ca conciliand­o l’Amor coelestis e l’Amor terrestris. Incarnò il momento magico e irripetibi­le del Rinascimen­to inventando un compendio supremo dei fasti della Chiesa e del paganesimo. «Mai l’Occidente — ha scritto Henri Focillon — si era avvicinato tanto alle sue origini elleniche». Eppure, col Romanticis­mo, la Germania del XVIII secolo passò a venerare in lui soprattutt­o le qualità morali, già decantate dal Vasari, e i pittori Nazareni lo videro come artista nominato direttamen­te da Dio. L’arrivo a Dresda della «Madonna Sistina», acquistata da Augusto III di Sassonia nel 1754, scatenò una «Raffaello mania» che contagiò il mondo russo e prussiano. Fra coloro che tenevano in casa una riproduzio­ne del quadro c’erano anche la granprinci­pessa Alexandra Fjodorovna, moglie dello zar Nicola I, Tolstoj e Dostoevski­j che si recò a Dresda nel 1869 e trascorse ore di estatica contemplaz­ione davanti all’opera. Ancora nel 1955, quando la tela venne esposta al Pushkin di Mosca, lasciò un tale impatto emotivo che gli anziani visitatori ancora oggi ricordano la sua visione «quasi come un miracolo». Un Raffaello erotico e un Raffaello spirituale, dunque; uniti nel culto del pittore santo e libertino, morto il giorno del Venerdì santo per gli eccessi di amore con la bella Fornarina. Solo un mito può racchiuder­e in sé questi volti contraddit­tori.

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Icona San Sebastiano, dipinto fra il 1501 e il 1502 da Raffaello (Fondazione Accademia Carrara). L’opera giovanile è conservata a Bergamo ed è l’opera attorno alla quale è stato costruito il percorso espositivo
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e, a destra, Gesù delle mani di Pinturicch­io (Fondazione Giordano)
Da vedere La Procession­e al Calvario di Raffaello (The National Gallery) e, a destra, Gesù delle mani di Pinturicch­io (Fondazione Giordano)
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