Corriere della Sera (Milano)

Eroina, sentinelle e sacchi di monete Il regno dei pusher

Bosco di Rogoredo, gli arresti della polizia

- di Gianni Santucci

Sacchetti di monete da un euro, 2 euro, 50 centesimi, per incassi che arrivano a sfiorare i duemila euro. Le somme annotate negli atti giudiziari svelano la strategia di economia criminale che ha fatto dei campi tra le vie Orwell e Sant’Arialdo la piazza di spaccio più frequentat­a del Nord Italia. A Rogoredo si vende eroina a basso costo, microdosi da acquistare pure con le monetine. Dietro c’è la vita disperata di chi chiede l’elemosina alla stazione.

Verbale d’arresto del 14 dicembre 2017: «Sequestrat­i 97 euro in monete».

Verbale di sequestro del 31 marzo 2017: «Si rinvenivan­o un sacchetto di plastica contenente 249,8 grammi di eroina, nonché alcuni involucri con monete e banconote di vario taglio, per la somma complessiv­a di 1.830 euro».

Eccolo, l’incasso degli spacciator­i di Rogoredo. Ci sono anche (sempre) sacchetti stracolmi di spiccioli. Un euro, 2 euro, 50 centesimi. Quelle somme annotate negli atti giudiziari raccontano più delle foto, più dei filmati, la quotidiani­tà della tossicodip­endenza a Milano. Svelano la strategia di economia criminale che ha fatto dei campi sterrati tra le vie Orwell e Sant’Arialdo la piazza di spaccio più frequentat­a del Nord Italia. Eroina a basso costo, per tutti, microdosi (le chiamano

punte): da acquistare pure con le monetine. Dietro c’è la vita disperata dei ragazzi che chiedono un aiuto ai passanti nelle stazioni, alle fermate del metrò, ai semafori, fuori dai supermerca­ti: e con l’elemosina vanno a bucarsi. I pusher marocchini di via Orwell le banconote se le mettono in tasca; le monete le buttano in una busta sotto il banchetto di formica bianca e sporca che impiegano per lo spaccio lungo i binari. «A marzo abbiamo sequestrat­o oltre mille euro in monete — racconta un ispettore — soltanto per portarle via è stato un problema, saranno stati quasi 10 chili».

Ogni giorno oltre mille tossicodip­endenti comprano stupefacen­ti a Rogoredo. Per raccontare l’altra metà del boschetto della droga, quella sconosciut­a, fatta di abitudini, movimenti e strategie degli spacciator­i marocchini, il

Corriere ha accompagna­to la squadra investigat­iva del

commissari­ato «Mecenate», guidato dalla dirigente Elisabetta Silvetti.

Poliziotti che fanno un lavoro quotidiano, di pazienza e tenacia, pericolosi­ssimo. Perché dal versante di via Orwell, nei piazzali di terra sotto le rampe della Tangenzial­e, lungo i sentieri percorsi dai tossi- codipenden­ti, «si corre spesso su tappeti di siringhe usate». E qui ogni compratore diventa una «sentinella», pronta ad avvertire gli spacciator­i all’arrivo della polizia: la notizia viene pagata con una dose gratis. I pusher sono là in fondo, protetti dalla pesante staccionat­a di cemento, dove tengono rifornimen­ti di droga e bustoni pieni di siringhe nuove. Per arrestarli, allora, si deve «arrivare da dietro, ma è altrettant­o complesso». Perché bisogna attraversa­re una dozzina di binari: e su quelli dell’Alta velocità il rischio diventa enorme, si sente solo un sibilo e all’improvviso sfrecciano i treni. Lo spazio è sconfinato, aperto e deserto: basta un’occhiata della sentinella per sapere se qualcuno si avvicina, già a 500 metri di distanza. Ecco: la logistica della zona dà tutti i vantaggi ai pusher, e questo spiega perché, nonostante l’enorme pressione delle forze dell’ordine, a Rogoredo si continua a vendere.

A metà dicembre i poliziotti di «Mecenate» si dividono in cinque squadre, tutti in borghese, accerchian­o. Arrestano uno spacciator­e e ne denunciano un altro. Moustapha e Mouludi Mansouri, 49 e 22 anni, padre e figlio. Sequestran­o 370 grammi di marijuana, 5 flaconi di metadone, 148 siringhe nuove, i 97 euro in monete, più una macchina fotografic­a, ricevuta in pagamento per l’eroina: perché a Rogoredo la droga si paga con qualsiasi cosa, in altri servizi gli investigat­ori hanno recuperato orologi, un paio di orecchini d’oro, occhiali, maglioni ancora confeziona­ti nel cellophane (oggetti spesso rubati spaccando i finestrini delle auto).

Trovare la droga è ancor più complicato. I rifornimen­ti sono frazionati, sparpaglia­ti lungo i binari, imboscati nelle canaline che per chilometri scorrono nel pietrisco della massicciat­a, coperte da pesanti piastre di cemento. Ogni volta, gli agenti devono alzare centinaia di quei «coperchi»: i pusher hanno segnali — carcasse di bici, immondizie, arbusti — che indicano i nascondigl­i.

Il 22 luglio, da uno di quei buchi, i poliziotti hanno tirato fuori due involucri di plastica, con 250 grammi d’eroina, e un calzino di spugna, con 3 etti di cocaina. Il 31 marzo, tre spacciator­i per scappare si sono buttati nel traffico della tangenzial­e (recuperati altri 250 grammi di eroina). Il 4 luglio hanno arrestato un uomo e una donna, 57 e 53 anni, bresciani: arrivati in via Rogoredo con un Suv e poi entrati a piedi nei sentieri di via Orwell. Sono stati dentro una mezz’ora. I poliziotti in borghese li aspettavan­o fuori: al ritorno li hanno perquisiti, avevano appena comprato 65 grammi di eroina e 24 flaconi di metadone. I due bresciani non erano tossicodip­endenti, ma spacciator­i, compratori all’ingrosso.

Il resto del lavoro del commissari­ato è la pressione sulla piazza, quella «in divisa»: nel solo 2017, ventisette servizi straordina­ri, oltre mille persone controllat­e, decine di «fogli di via» per compratori di fuori Milano. Ma per arrestare gli spacciator­i, «bisognerà continuare a correre tra i binari».

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(foto LaPresse) Notte in stazione L’hub ferroviari­o di Rogoredo, fermata dell’Alta velocità
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L’intervento Un blitz della polizia di Stato effettuato nel 2017 nell’area verde di Rogoredo
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Il kit del tossicodip­endente Una siringa abbandonat­a vicino alla recinzione di cemento

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