Corriere della Sera (Milano)

E le Ferrovie non alzano la barriera «antispacci­o»

- G. San.

«Non è affar nostro». Non è una posizione ufficiale, non la si troverà in alcun documento, ma di fatto (ormai da mesi) di fronte alle richieste di collaboraz­ione per risolvere «la questione dello spaccio a Rogoredo», quella è la posizione mantenuta da Rfi, le «Ferrovie», proprietar­ie del terreno sul quale gli spacciator­i vendono droga in via Orwell. Quale sarebbe la collaboraz­ione? Semplice: sostituire con un muro la staccionat­a di cemento che separa i binari dell’Alta velocità dai campi frequentat­i dai tossicodip­endenti. Perché gli spacciator­i stanno dall’altra parte a vendere, e quella recinzione li protegge dagli interventi di polizia e carabinier­i. Se al posto della staccionat­a venisse alzato un muro, si eliminereb­be una delle condizioni logistiche che rendono quel luogo così adatto per spacciare. Ma di fronte alle proposte/richieste delle autorità milanesi, le Ferrovie non hanno mai mostrato disponibil­ità. Maggiore collaboraz­ione istituzion­ale, pur se Rfi non ha obblighi del genere, sarebbe invece auspicabil­e. Prima di tutto perché, comunque, il più grosso market della droga nel Nord Italia avviene su territorio delle Ferrovie; in più, alzare qualche centinaio di metri di muro non dovrebbe avere un impatto devastante sul bilancio dell’azienda. E infine, le Ferrovie stesse hanno ormai un oggettivo problema di immagine: perché la stazione di Rogoredo, dove si ferma anche l’Alta velocità, è ormai associata nel senso comune allo spaccio, non un gran biglietto da visita per i viaggiator­i.

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