Così si vota per le Regionali
Dal «disgiunto» ai consiglieri in lista. Tutte le opzioni per le elezioni lombarde, la novità della preferenza di genere
Sette candidati presidenti e 19 liste. La scheda elettorale che servirà a scegliere il decimo presidente della Lombardia e gli ottanta consiglieri del Pirellone è pronta. In alto, da sinistra, Dario Violi del Movimento cinque stelle, seguito da Onorio Rosati di Liberi e uguali e da Giorgio Gori del centrosinistra (con sette liste collegate); poi, nella parte centrale, i tre outsider: Angela De Rosa di CasaPound, Giulio Arrighini di Grande Nord e Massimo Gatti di Sinistra per la Lombardia. Infine, Attilio Fontana, candidato di tutto il centrodestra con sette liste a sostegno. Sulla scheda verde saranno possibili due pratiche invece proibite sulle schede per Camera e Senato: il voto disgiunto e le preferenze (addirittura due se di genere diverso). Per le Regionali si potrà insomma votare per una lista ma per un candidato presidente indicato da un’altra. Sulla scheda lombarda si sperimenterà poi la recente introduzione della doppia preferenza di genere, la possibilità, cioè, di scrivere il cognome di ben due candidati per il Consiglio regionale, a patto che siano un uomo e una donna. Possibile ovviamente indicare anche una sola preferenza (ma non due dello stesso genere). Quello regionale (il cosiddetto Lombardellum) è dunque un sistema di voto decisamente più aperto e «permissivo» del Rosatellum nazionale. Si tratterà di vedere quanto la sovrapposizione dei due appuntamenti elettorali condizionerà il comportamento degli lombardi. Quanti, per dire, approfitteranno davvero della possibilità del voto disgiunto? Chi ci conta di più è ovviamente Giorgio Gori, convinto della possibilità di poter ribaltare il vento nazionale che sembra soffiare contro il centrosinistra e di superare le frammentazioni del centrosinistra in nome del voto utile. Ieri Pier Luigi Bersani, uno dei big nazionali di Leu, è peraltro tornato sulla divisione consumatasi in Lombardia: «C’è stata forse qualche sbrigatività di troppo».
Gli ultimi giorni di campagna elettorale si consumano intanto tra la polemica, ormai quotidiana, sulle assenze di Fontana ai confronti pubblici con gli altri candidati. Ieri è stato il turno del dibattito organizzato dalla Cgil (che ieri ha presentato il ricorso contro la legge regionale, considerata «discriminatoria», sull’assegnazione delle case popolari): il candidato leghista ha mandato in sua rappresentanza l’assessore Massimo Garavaglia (che corre ora per la Camera). «Preferisco incontrare gli elettori che partecipare a questi dibattiti in centro a Milano», la replica di Fontana.
Nella battaglia tra Maroni e Salvini s’inserisce invece la polemica dell’ex capogruppo della «civica» del centrodestra, Marco Tizzoni. «Per esser ricandidati con Fontana hanno preteso dai consiglieri uscenti 20mila euro da devolvere alla Lega. Mi rivolgo a Salvini: non credo che questo sia un insegnamento da Vangelo». Il riferimento è al contributo economico chiesto dal Carroccio ai consiglieri uscenti per essere rimessi in lista. Una pratica però assai diffusa tra le principali forze politiche, specie dopo l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.