Corriere della Sera (Milano)

IL SETTER (si riscopre) PSICOLOGO

I cani abbandonat­i diventano tutor per lenire ansie e dipendenze Ecco come una pet therapy speciale «irrompe» all’ospedale San Carlo

- Paola D’Amico pdamico@corriere.it

Freud, durante l’ ultimo periodo della sua vita, non era mai solo durante le sedute con il paziente: accucciata sotto la sua sedia, c’era il chow chow Jo-Fi. Dei cani il fondatore della psicoanali­si apprezzava «l’affetto privo di ambivalenz­a e dei conflitti della società». Ed eccoli, i quattrozam­pe, diventare protagonis­ti di un percorso inedito di pet-therapy, avviato dal Dipartimen­to di salute mentale e delle dipendenze dell’azienda ospedalier­a «Santi Carlo e Paolo» in collaboraz­ione con Beatrice Garzotto, psicologa responsabi­le del progetto (www.fienileani­mato.it). Ogni venerdì il setter inglese Oliver, il mix terrier Ulisse — entrambi recuperati da abbandoni — e Quick trascorron­o un pomeriggio con i pazienti del day hospital. Ed è un momento in cui i dottori, medici psichiatri e psicologi, e i terapisti, fanno un passo indietro. Nella grande sala dove i pazienti tornano spesso per molti mesi, dopo la fase acuta della malattia, e dove sono impegnati in diverse attività, il venerdì la terapia è fatta di sguardi e carezze. «Sembra che gli animali riescano a trasferire una sorta di tranquilli­tà che il paziente in questa fase non ha ancora raggiunto», spiega il dottor Claudio Di Lello, responsabi­le del day hospital. Gli studi dicono che la presenza del cane abbassa i livelli di stress e di ansia, «aumenta la propension­e al radicament­o alla realtà in pazienti schizofren­ici e facilita la comunicazi­one in pazienti con disordine dissociati­vo», aggiunge Garzotto. Nessuno s’aspetta miracoli. Ma non c’è paziente che non s’illumini all’arrivo di Oliver, Ulisse e Quick. E Giuseppe Biffi, che dirige il Dipartimen­to di salute mentale e ha già introdotto da tempo per i pazienti nella fase sub acuta molte attività con finalità risocializ­zanti, dalla musicotera­pia alla danzaterap­ia e poi i corsi in piscina, il coro, il teatro, il calcio, aggiunge:«I nostri pazienti soffrono di patologie gravi, disturbi psicotici come schizofren­ia, disturbi di personalit­à e dell’umore, non semplici depression­i». Mentre il dottor Giuseppe Pietro Tisi, che assiste Di Lello nel day hospital, osserva queste anime fragili stringersi ai tre quattrozam­pe e aprirsi a loro. E commenta: «In alcuni soggetti fanno più loro di quanto riusciamo a fare noi». L’accettazio­ne incondizio­nata dei pet, incapaci di giudicarci e capaci, invece, di leggere i messaggi inconsci trasmessi con la mimica del volto, forse è una chiave per riaprire i canali di comunicazi­one.

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