Facciamo le indiane
Inventato dai nativi americani il lacrosse è una disciplina quasi sconosciuta da noi Ma le ragazze milanesi sono prime in Italia
Prima cosa da imparare: come usare lo stick. «Un movimento continuo di rotazione per non far cadere la pallina». Secondo step: tirare «sfruttando il principio della leva». C’è molta fisica, oltre che strategia, nel lacrosse. Se lo ripetono spesso le ragazze della Milano Bagattaway asd nei loro due appuntamenti di allenamento settimanali. Uno nel chiostro della chiesa di San Marco e uno a Primaticcio, all’ora dell’aperitivo.
La squadra femminile, la prima di Milano, è nata nel 2009 da un’idea di Silvia Di Stefano dopo un’esperienza negli Stati Uniti. Oltreoceano, ma anche in Germania e Svizzera, maschi e femmine praticano questo sport soprattutto durante gli anni universitari. Campo grande quanto quello da calcio, dodici contro dodici, una pallina da catturare e mandare in porta grazie allo stick (stecca in italiano), un bastone con una reticella in cima. Il lessico di base è inglese, le origini amerinde. Gli indiani d’America si sfidavano a questo gioco (bagattaway, da cui il nome del team milanese) nel XV secolo. Nel 1800 a Montreal, in Canada, i francesi hanno ammodernato le regole arrivate fino a noi. Il successo della squadra meneghina è invece degli ultimi anni. Le Bagattaway partecipano al campionato italiano, un triangolare con le Roma Leones e le Comets. Al momento sono in testa alla classifica. E poi ci sono gli impegni con la maglia azzurra. La presidente dell’Asd Annetta Ferreri spiega che «molte di noi fanno parte della azionale» e una volta al mese un coach inglese viene a far lezione. Nel fitto calendario si incastrano poi i tornei europei. Nel primo weekend di marzo le ragazze hanno conquistato un terzo posto a Berna, sfidando avversarie tedesche ed elvetiche oltre alla neve che ha imbiancato il campo. Sono orgogliose delle vittorie, Annetta e le altre, perché contano esclusivamente sulle proprie forze. «Ci autofinanziamo, nessuno sponsor. Organizziamo le trasferte e tutto il resto. Anche negli allenamenti ci dividiamo i compiti. Non ci sono esterni alla squadra». Motivo di orgoglio ma anche di difficoltà per questa quindicina di studentesse e lavoratrici dai 17 ai 29 anni. «Ci piacerebbe aprire una sezione per le più giovani, coltivare talenti». O organizzare altre iniziative per diffondere questo sport ancora poco conosciuto in Italia. E che invece oltreconfine spopola. «Le ragazze che vengono in Erasmus a Milano ci contattano e si uniscono a noi per allenarsi».
Cos’ha di speciale il lacrosse? «È uno sport molto mentale — secondo la presidente —. Serve concentrazione e capacità di intesa con le altre giocatrici». Dopo due o tre mesi a inseguire la pallina con lo stick si inizia a fare sul serio. Con un anno di pratica è già possibile partecipare alle prime sfide. E rispetto alla versione maschile, il rischio di farsi male è minore. «Ma ognuna indossa le protezioni per gli occhi e il paradenti». Surplus di sicurezza per il portiere, dotato di casco e paraspalle.
Il prossimo appuntamento è il 22 aprile a Roma per il campionato. Le ragazze sono pronte a difendere il primo posto in classifica.
Requisiti
È un’attività molto mentale. Servono concentrazione e intesa con le altre giocatrici