Qualità del lavoro
IL PREZZO DELLA VELOCITÀ
Nella Milano del 1964 Dino Buzzati, sul Corriere, aveva parlato del «vuoto meraviglioso» delle festività, preambolo dell’arrivo dei marziani. Cosa avrebbe pensato, allora, passeggiando oggi per la città? I suoi alieni, discesi sulla Madonnina, avrebbero scoperto una città veloce e iperattiva, pronta a concedere rare pause anche alla Pasqua: negozi e ipermercati aperti. Ma anche sindacati agitati. Fattorini, quelli del Besta e delle app Foodora e Deliveroo, pagati così poco da non potersi permettere di festeggiare. Accendendo, magari per curiosità, uno smartphone i marziani avrebbero poi scoperto un’offerta bulimica di servizi via Internet, moda per alcuni, miraggio per altri. Questa «velocità meravigliosa» — antitesi del vuoto buzzatiano — ha un costo al quale ci stiamo abituando e che rischiamo di non vedere. Ma che nondimeno esiste per chi oggi vorrebbe stare a casa e dovrà andare a lavorare. Come esiste anche per chi vorrebbe andare a lavorare ma non potrà farlo, leggi i colpiti dalla crisi Valtur giunta al capolinea. Anche le due principali società milanesi collegate alla Rete, ItaliaOnLine e la ex Banzai, oggi ePrice, cercano di recuperare smalto. La velocità di per sé non è una garanzia di qualità né tantomeno di equità, vale la pena di ricordarlo mentre godiamo di una città che viaggia a un gigabit al secondo. La modernità alla fine è uno strano animale che ha le gambe di una lepre, la fame insaziabile di un predatore ma talvolta la memoria troppo corta. Tipica dell’uomo.