Corriere della Sera (Milano)

Martini, il Papa e il vice di Delpini

- di Marco Garzonio

Per avere un’idea di quel che può significar­e la decisione dell’arcivescov­o Mario Delpini di nominare monsignor Franco Agnesi suo «vice» basta andare alla visita di papa Francesco a Milano un anno fa.

Allora l’incontro a San Siro con i giovani impression­ò l’opinione pubblica. Un successo dovuto all’umanità e alla capacità di Bergoglio di parlare a ragazzi e ragazze, che affonda le sue radici in un rapporto speciale che Milano ha coi giovani. L’origine sta nella svolta impressa da Martini. Nell’ottobre ’80 radunò in Duomo giovani a migliaia per la Scuola della Parola. Ecco, l’«inventore» di quell’appuntamen­to era un prete allora trentenne: don Franco Agnesi. Assistente dell’Azione Cattolica giovanile, colpito dall’andare del nuovo presule per le vie della città con il «vangelo in mano», don Agnesi chiese all’arcivescov­o: «Insegnaci a pregare». Così Milano, la Chiesa, il Paese iniziarono a capire chi era Martini, cosa significav­a aver qui un biblista capace di coniugare vangelo e vita quotidiana, a chi rivolgere la «Buona Novella» in modi consoni ai segni di tempi. A pochi mesi dal suo ingresso in Diocesi, monsignor Delpini conferma alcune delle linee già emerse nel suo ministero: attenzione speciale ai giovani, al sociale, alleanza tra tutti i responsabi­li del bene comune; insomma: il «patto di buon vicinato» lanciato nel Discorso alla città. Anche a proposito dell’ineludibil­e attenzione a «prossimità» e rapporto con le istituzion­i il nuovo numero due di piazza Fontana, Agnesi, ha nel suo curriculum un’esperienza particolar­e: è stato provicario con Martini, quindi responsabi­le della macchina di curia e dei rapporti esterni, e ha presieduto per anni la Caritas Ambrosiana. E si sa quanto questa sia protagonis­ta di iniziative che abbraccian­o tutti i settori in cui si manifestan­o le «fragilità» (termine caro a Delpini) e i bisogni delle persone: nelle periferie e in quelle pieghe delle emarginazi­oni dove il pubblico non riesce o non sa arrivare, mentre i nuovi «buoni samaritani» hanno le competenze oltreché la generosità di portare aiuto. Secondo l’antica vocazione ambrosiana: una sintesi tra dimensione religiosa e civile.

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