Catena solidale per gli sfollati
Verifiche a 360 gradi. «Camere offerte agli inquilini»
I sospetti Gli inquirenti tendono a escludere la causa dolosa e a privilegiare quella dell’incidente
«Le indagini proseguono a 360 gradi, perché è nostro dovere non tralasciare nessuna ipotesi», dicono i dirigenti della Procura di Busto Arsizio. Ma la pista di gran lunga più accreditata per l’esplosione che sabato mattina ha distrutto la palazzina di via Brianza 34 a Rescaldina (nove feriti, di cui 4 in condizioni gravi) resta quella della fuga di gas. Il fascicolo aperto dalla Procura parla di crollo colposo di edificio a carico di ignoti: resta però da capire esattamente da dove e come si sia creata la sacca che, esplodendo, ha causato l’esplosione. Non sarà un lavoro breve, né semplice. «Per capire con precisione cosa è successo — precisa la Procura — occorre prima che l’area sia messa in sicurezza. Non si tratta di eliminare solo calcinacci e muri pericolanti, ma anche le parti di palazzina che sembrano solide solo in apparenza, a cominciare dal tetto, che sporge per metri. Verificata la staticità, si potrà procedere con un’ispezione accurata».
I periti nominati dal tribunale dovranno esaminare mattone per mattone, tubo per tubo, al fine di trovare il punto da cui tutto è partito. La pista di gran lunga privilegiata è dunque quella dello scoppio dovuto a una fuga di gas, anche se nessuno tra i tanti presenti in via Brianza, dopo l’esplosione, ne ha sentito l’odore. Però «è probabile — aggiungono gli inquirenti — che l’odore del gas, nelle prime fasi dopo lo scoppio, non sia stato neppure percepito da chi era impegnato a liberare le persone incastrate tra le macerie, tra urla di adulti e bambini che chiedevano aiuto. Poco dopo l’odore potrebbe essere svanito». Intanto le condizioni della famiglia che ha riportato le conseguenze maggiori sono all’esame dei medici degli ospedali Niguarda di Milano e Regina Margherita di Torino: il capofamiglia, 45 anni, sergente maggiore dell’esercito, di stanza a Solbiate Olona, ha riportato ustioni di terzo grado sul 98 per cento del corpo e le sue condizioni sono critiche; in lieve miglioramento la moglie, 51 anni, anche lei gravemente ustionata, e dei due figli di 10 e 7 anni (la prognosi resta comunque riservata). Le indagini hanno appurato che sul capofamiglia, militare, pendeva lo sfratto per morosità. I suoi parenti hanno affermato di non esserne a conoscenza: «Siamo una famiglia molto legata — hanno detto all’Ansa —. Se ci fossero stati problemi di rilievo lo avremmo saputo e li avremmo aiutati». Gli inquirenti tendono comunque a scartare il movente doloso e a privilegiare quello dell’incidente.
Gli sfollati, e i feriti dimessi, hanno passato Pasqua e Pasquetta dai loro parenti e amici, e grazie a una gara di solidarietà tra compaesani, nessuno è rimasto senza un tetto, dato che privati cittadini hanno messo a disposizione quattro appartamenti sfitti e anche alcune camere per la trentina di persone che si sono ritrovate temporaneamente senza casa.