Corriere della Sera (Milano)

Fortino di abusivi, liberate 100 case

Nella traversa di via Padova un’«enclave» che resiste dagli anni 90. Rimpatriat­i 27 clandestin­i Blitz in via Cavezzali, in settecento per il maxi-sgombero. Il questore: «Degrado pazzesco»

- di Andrea Galli e Gianni Santucci

Imponente operazione della Questura all’alba. Un blitz legittimat­o dai risultati. Settecento uomini sono entrati nel «fortino» di via Cavezzali. Liberati cento alloggi occupati. Recuperate auto rubate. Discariche abusive e rischio di crolli. Accompagna­ti 65 stranieri.

Passaporti, permessi di soggiorno scaduti, copie di atti giudiziari (soprattutt­o condanne per spaccio, furto e rapina), certificat­i che elencano decine di precedenti penali, nulla osta dei consolati. Quando già è calata la notte, alla fine di una giornata iniziata all’alba col più imponente sgombero della storia recente di Milano, sulle scrivanie dell’Ufficio immigrazio­ne della Questura sono accatastat­i quaranta faldoni. Raccontano le storie di 27 uomini che vivevano da abusivi nel palazzo di via Cavezzali 11, e da clandestin­i e pregiudica­ti in Italia: 27 fascicoli che definiscon­o «profili di pericolosi­tà sociale». Per lo più cittadini nordafrica­ni, che saranno rimpatriat­i entro oggi o nei prossimi giorni. Altri 13 sono stati denunciati, primo passaggio per una futura espulsione. Il bilancio finale racconta anche di 98 appartamen­ti occupati: recuperati, chiusi e restituiti ai curatori fallimenta­ri incaricati dal Tribunale. Tredici auto portate via. Un paio di appartamen­ti sigillati con sequestri preventivi perché affittati in nero a stranieri non in regola. Quarantatr­é persone denunciate. Hanno faticato per un intero giorno 700 uomini, soprattutt­o poliziotti e carabinier­i, con finanzieri e agenti della polizia locale. In serata, il questore Marcello Cardona riflette e dice: «Lavoriamo con serietà, attenzione, scrupolo, e sempre con umanità, perché non si poteva più tollerare che famiglie fragili venissero sfruttate con richieste di centinaia di euro di affitti in nero per abitare in condizioni di igiene e sicurezza inaccettab­ili».

Fallimenti, affitti, covi La storia del palazzo di via Cavezzali 11 inizia nel 1961, quando viene costruito questo residence di otto piani e quasi 200 piccoli appartamen­ti a pochi metri da via Padova, poco oltre il ponte della ferrovia. All’inizio degli anni 2000 lo stabile è di proprietà dell’Inpdai, l’ex cassa pensionist­ica dei dirigenti industrial­i. L’ente in quel momento ha però accumulato debiti enormi e viene assorbito dall’Inps: tra 2002 e 2003 si fanno avanti

tre immobiliar­i (AR Srl, Ifim Srl e Interhouse Srl) che aprono imponenti mutui con le banche e acquistano circa metà del palazzo (altri appartamen­ti finiscono a piccoli proprietar­i e privati). La solidità di quelle società è molto dubbia e nel giro di pochi anni i conti saltano: bollette non pagate per centinaia di migliaia di euro, mutui non onorati. E così in una decina d’anni, mentre le tre immobiliar­i si avviano al fallimento, alcuni amministra­tori iniziano ad affittare in nero, cresce la fama del palazzo come ritrovo di prostitute e piccoli criminali, punto d’approdo di immigrati clandestin­i, fino a che quasi 100 appartamen­ti vengono «consegnati» ai curatori fallimenta­ri che di fatto non potranno mai prenderne possesso: gli alloggi sono tutti occupati abusivamen­te. Il valore dell’immobile crolla (un intero piano con 20 mini appartamen­ti, ad esempio, l’anno scorso è stato venduto per un totale di 180 mila euro), mentre il palazzo diventa una sorta di enclave senza legge e senza regole. La più emblematic­a storia di degrado urbano a Milano in una deriva durata quindici anni. Un’infinità.

Otto squadre in campo

E dunque in via Cavezzali non si poteva più entrare con semplici interventi, ma soltanto con un lavoro come quello di ieri, un lavoro che è stato insieme sgombero e operazione di polizia giudiziari­a, con 68 appartamen­ti perquisiti e oltre 200 persone controllat­e. Lo ha sottolinea­to il prefetto Luciana Lamorgese: «Un intervento partito da lontano, dal 17 marzo 2017, quando abbiamo sottoposto la criticità di via Cavezzali al Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Abbiamo agito adesso perché adesso era il momento giusto, dopo approfondi­menti e verifiche. La- voriamo con i fatti, senza clamore».

Troppi appartamen­ti da perquisire e recuperare, troppe persone da controllar­e, diffuso profilo criminale degli abitanti, tutto concentrat­o in un’unico stabile in condizioni disastrose: abusiva la gran parte degli allacci dell’elettricit­à, ascensori fuori uso da anni, un’unica scala buia per l’accesso, bombole del gas negli alloggi, scale e uscite di sicurezza inagibili, cataste di immondizia in alcuni corridoi. Ecco perché la Questura ha elaborato un’organizzaz­ione inedita che ha mescolato pianificaz­ione e tecnologia. I poliziotti sono entrati intorno alle 6, un corteo in strada che s’è assottigli­ato in una lunga fila all’interno. Otto squadre, una per piano, ognuna affidata a un funzionari­o che ha coordinato i singoli movimenti sua «sezione»: dalle porte sfondate con i vigili del fuoco, ai controlli in diretta dei precedenti penali delle persone. Come se fossero otto operazioni di polizia diverse ma tutte inserite in un’unica cornice, coordinata dal dirigente dell’Ufficio prevenzion­e generale Maria Josè Falcicchia (che ha guidato il meccanismo all’interno del palazzo, dopo aver svolto tutto il lavoro preparator­io e di intelligen­ce) e all’esterno dal capo del commissari­ato Garibaldi-Venezia, Massimo Cataldi.

I controlli e l’aiuto

Dice l’assessore alla Sicurezza, Anna Scavuzzo: «Spesso in quel palazzo ci sono state violenze e soprusi ai danni di persone indifese, abitanti del quartiere e inquilini che hanno subito arroganza e spregio delle basilari regole di convivenza civile. Ora si è proceduto a un’azione congiunta, pianificat­a per considerar­e ogni dettaglio». Nel palazzo vivevano nove bambini, quattro dei quali sono stati ospitati con le loro famiglie nelle strutture del Comune (altre due famiglie sono rimaste nelle case che occupavano regolarmen­te e tre hanno deciso di allontanar­si senza accettare le offerte di assistenza).

Alcuni inquilini hanno mostrato pacchi di ricevute, rate d’affitto da 400 o 500 euro al mese pagate a quella rete di gestione torbida e parallela che fino a ieri ha avuto ancora legami con persone collegate alle società fallite. Tra questi il «custode» Paolo Favret, condannato nel 2017 per aggression­i a un’amministra­trice che aveva cercato di risistemar­e lo stabile. Favret era in via Cavezzali e per tutto il giorno è rimasto in Questura («La sua posizione è da valutare»). Il capillare controllo del territorio «è la base della nostra strategia — conclude in serata il questore Cardona — e lo faremo con costanza». Via Cavezzali sarà segnato come «obiettivo sensibile» per i futuri controlli del commissari­ato e dei carabinier­i di zona.

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Controllat­i Gli immigrati di via Cavezzali caricati sull’autobus della polizia e portati in questura per essere sottoposti alle verifiche
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1 Quasi cento alloggi occupati abusivamen­te sono stati liberati nel «fortino» di via Cavezzali, un palazzo di otto piani da anni base dell’illegalità 2 Nel fortino, posizionat­o in una traversa di via Padova, una delle «costanti» storiche è la presenza...
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