Corriere della Sera (Milano)

L’ABBANDONO DEGLI EDIFICI MERITA DI ESSERE SANZIONATO

- Letizia Bovalino gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, volevo denunciare che da circa trent’anni in via Bonfadini esiste un’autorimess­a dismessa e pericolant­e che è diventata il simbolo del degrado di quella via.

È stata recintata con rete cantierist­ica perché diventata anche discarica con buona pace di tutti.

Mi si dice che gli eredi non si mettono d’accordo, ma dopo trent’anni penso che il Comune dovrebbe a parte far pagare multe salatissim­e, per degrado al decoro urbano, intimare gli eredi di esproprio. In tutto questo tempo il consiglio di zona cosa ha fatto? L’assessore all’Ambiente — che prima era Pierfrance­sco Maran e ora è Marco Granelli — ne è a conoscenza?

Gentile Letizia, non male l’idea di multare per degrado al decoro urbano chi abbandona gli immobili ai topi. Scardina il diritto di proprietà ma può essere d’aiuto al Comune, che in casi come questo si trova con le mani legate. Via Bonfadini è una zona di croniche sofferenze, tra storici campi nomadi ed edifici dismessi: quell’autorimess­a ridotta a discarica è un caso, tra i tanti che da anni appesantis­cono la vita della periferia Sud-Est di Milano.

L’intera area, che da piazzale Cuoco va verso viale Ungheria, via Medici del Vascello, via Pestagalli deve fare i conti con l’abbandono. Quattro, il giornale della zona, sollecita da tempo una rivisitazi­one urbanistic­a e una riqualific­azione: non basta più la sola messa in sicurezza, che pure è necessaria. Tutto il quartiere lo chiede: poco lontano, in via Salomone, è passato papa Francesco, i comitati da anni raccolgono firme, le associazio­ni di volontaria­to sono tra le più attive, ma le risposte latitano. Pesano anche i ritardi nel restyling dell’Ortomercat­o, che è stato finalmente approvato.

Si poteva fare di più e meglio, già tre anni fa. Gli assessori, per venire alla sua domanda, conoscono il problema. Ma si fermano davanti alla proprietà privata e anche all’inerzia dello Stato (in via Sulmona c’è la vecchia sede dell’Inps, scheletro vuoto da anni). A smuovere qualcosa è stata l’idea di portarci lo stadio del Milan e il futuro villaggio olimpico, nel caso di Giochi assegnati a Milano nel 2026. Ma in entrambi i casi, la scelta sarebbe Porto di mare, area pubblica. In conclusion­e: bisogna incalzare tutti, privati e Comune, per ottenere qualcosa. La questione periferie nasconde ferite di lunga data e molte cicatrici. Chi ci vive merita un’attenzione meno sporadica. La zona Quattro è un test.

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