Sposo catturato con il testimone prima del «sì»
Furti di macchine e rapine in villa, erano a capo di una banda. Covi nei box. Le vittime: feroci e spietati
Una multinazionale del crimine. Italiani, ungheresi e albanesi. Feroci. Selvaggi. Famelici. Specializzati nel furto di macchine (11 casi accertati) e nelle rapine in ville e appartamenti (25). Mai l’improvvisazione ma sempre una perfetta organizzazione. Il che dà la cifra dell’operazione dei carabinieri della Compagnia di Abbiategrasso che hanno arrestato sei balordi con molti altri complici nel mirino. La banda era numerosa. Precisi ruoli e ricca «dotazione». Il 2 dicembre del 2014, grazie alle fonti sul territorio, ad Abbiategrasso i carabinieri erano arrivati a una Opel Insignia di colore bianco. In quel garage c’erano due bombole di ossigeno e acetilene collegate a un cannello per fiamma ossidrica, una forbice da elettricista, una borsa di tela che conteneva un trapano marca Bosch con il disco completamente usurato, un grande tronchese, un sacchetto di carta con dentro 20 chiavi di accensione per macchina della Bmw, una torcia, uno scanner con 6 frequenze per cercare le «conversazioni» delle forze dell’ordine e un apparecchio elettronico del tipo «R.F. Detector» capace, come spiegano gli investigatori, di rivelare la presenza di microspie, cimici, telecamere, spycam.
Attraverso un «circuito» di garage, capannoni dismessi e officine meccaniche di proprietari conniventi, la multinazionale nascondeva le auto rubate, le «frazionava» fisicamente lavorando per ore e ore, trasferiva i pezzi ottenuti su altre auto così da creare mezzi sballati nella corrisponde tra numeri di telai, targhe, parti meccaniche e cromatiche. A bordo di quelle macchine — spesso la stessa Opel Insignia — compivano i sopralluoghi, entravano in azione e scappavano. La geografia dei colpi in ville e appartamenti è vasta e spazia dalla provincia milanese a quella bergamasca. I banditi facevano irruzione senza fare distinzione se quelle case fossero «libere» oppure occupate dai residenti. Leggiamo la testimonianza di una vittima, contenuta nell’ordinanza del Tribunale di Pavia di 160 pagine firmata dal giudice Carlo Pasta: «Ieri alle 18.20 mi recavo da mia mamma abitante a Parabiago... Dopo aver varcato il cancello in compagnia di mio figlio di 4 anni, mi accorgevo che c’erano due individui con fare sospetto all’interno della corte, chiedevo loro cosa facessero, mi rispondevano in una lingua non comprensibile, dopodiché non so come uno riusciva ad aprire il cancello che era chiuso. Penso avesse un oggetto tipo passepartout. Uno mi colpiva con un pugno al volto e poi con un piede di porco... Infine si allontanavano di corsa». Quella coppia di balordi stava per entrare nell’abitazione della madre di quell’uomo.
Ieri alle 11, il 46enne Dante Di Lalla, titolare di una delle officine incriminate, doveva sposarsi. Quattro ore prima, i carabinieri l’hanno arrestato a casa sua. Come hanno arrestato il testimone di nozze. Zef Frisku, 29enne albanese, uno dei capi della banda.
L’inchiesta
Italiani nella gang
Sei arresti dei carabinieri. La caccia continua: molti ricercati