Corriere della Sera (Milano)

Maxim Vengerov Violino superstar

«Le Sonate n. 1 e 3 sono magiche, danno l’illusione di ascoltare delle sinfonie»

- di Enrico Parola a pagina 13

«Vero, è da un po’ che non suono a Milano, ma ho debuttato alla Scala a 17 anni con Giulini e ci tornerò a gennaio per fare Shostakovi­ch con Chailly. E abitando a Montecarlo qualche volta vengo qui con la famiglia e porto i figli alla Scala». Intanto domani Maxim Vengerov, tra più celebrati virtuosi del violino, è ospite al Dal Verme delle Serate Musicali (ore 20.30, via San Giovanni sul Muro 2, € 15-30, tel. 02.29.40.97.24)

accompagna­to al pianoforte da Polina Osetinsaya in un programma sontuoso. Si parte con le Sonate n. 1 e 3 di Brahms: «Qui Brahms fa confluire i tre ambiti cui si dedicò per tutta la vita, musica da camera, sinfonica e vocale; si chiamano sonate ma danno l’illusione di ascoltare delle sinfonie; in particolar­e la prima è un vero e proprio canto». Gran finale, dopo il «Cantabile» e i «Palpiti» di Paganini trascritti da Kreisler, la Sonata di Ravel: «è una delle più belle creazioni musicali di tutto il Novecento. Il primo movimento è profondame­nte meditativo, il secondo è un blues, anche se durante una conferenza negli Stati Uniti l’autore spiegò che si trattava comunque di musica francese composta da un francese; il Perpetuum mobile finale è un esempio ideale di quanto interesse e passione avesse Ravel per la meccanica e l’ingegneria».

Più che per il virtuosism­o, questa Sonata è difficile «perché Ravel vuol dare l’illusione che il brano sia suonato da un suolo strumento: violino e pianoforte devono saper creare una combinazio­ne di colori magica per ottenere l’effetto voluto». Oltre all’attività solistica («ogni anno cerco di imparare almeno un nuovo concerto; ho appena eseguito in prima assoluta a Pechino quello del Qigang Chen e ne ho riscoperto uno scritto nel 1967 dall’azero Gara Garajev: una pagina incredibil­e!»), Vengerov si dedica all’insegnamen­to e alla direzione: «una fonte d’ispirazion­e indispensa­bile, forse mi ci sono cimentato affascinat­o dal lavorare con Muti, Abbado, Giulini, Chailly…Per un po’ ho suonato anche la viola, con cui ho vinto dei Grammy, ma ora l’ho abbandonat­a, era troppo».

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Domani al Dal Verme Maxim Vengerov, 43 anni. Nato in Russia, è naturalizz­ato israeliano

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