Maxim Vengerov Violino superstar
«Le Sonate n. 1 e 3 sono magiche, danno l’illusione di ascoltare delle sinfonie»
«Vero, è da un po’ che non suono a Milano, ma ho debuttato alla Scala a 17 anni con Giulini e ci tornerò a gennaio per fare Shostakovich con Chailly. E abitando a Montecarlo qualche volta vengo qui con la famiglia e porto i figli alla Scala». Intanto domani Maxim Vengerov, tra più celebrati virtuosi del violino, è ospite al Dal Verme delle Serate Musicali (ore 20.30, via San Giovanni sul Muro 2, € 15-30, tel. 02.29.40.97.24)
accompagnato al pianoforte da Polina Osetinsaya in un programma sontuoso. Si parte con le Sonate n. 1 e 3 di Brahms: «Qui Brahms fa confluire i tre ambiti cui si dedicò per tutta la vita, musica da camera, sinfonica e vocale; si chiamano sonate ma danno l’illusione di ascoltare delle sinfonie; in particolare la prima è un vero e proprio canto». Gran finale, dopo il «Cantabile» e i «Palpiti» di Paganini trascritti da Kreisler, la Sonata di Ravel: «è una delle più belle creazioni musicali di tutto il Novecento. Il primo movimento è profondamente meditativo, il secondo è un blues, anche se durante una conferenza negli Stati Uniti l’autore spiegò che si trattava comunque di musica francese composta da un francese; il Perpetuum mobile finale è un esempio ideale di quanto interesse e passione avesse Ravel per la meccanica e l’ingegneria».
Più che per il virtuosismo, questa Sonata è difficile «perché Ravel vuol dare l’illusione che il brano sia suonato da un suolo strumento: violino e pianoforte devono saper creare una combinazione di colori magica per ottenere l’effetto voluto». Oltre all’attività solistica («ogni anno cerco di imparare almeno un nuovo concerto; ho appena eseguito in prima assoluta a Pechino quello del Qigang Chen e ne ho riscoperto uno scritto nel 1967 dall’azero Gara Garajev: una pagina incredibile!»), Vengerov si dedica all’insegnamento e alla direzione: «una fonte d’ispirazione indispensabile, forse mi ci sono cimentato affascinato dal lavorare con Muti, Abbado, Giulini, Chailly…Per un po’ ho suonato anche la viola, con cui ho vinto dei Grammy, ma ora l’ho abbandonata, era troppo».