Arte e scienza, doppia vita da cervelloni
Musicisti, pittrici, poeti: le storie dei ricercatori che si inventano «lavori» alternativi
Scienziato e percussionista, Paolo Soffientini è uno dei ricercatori dell’Ifom dal doppio talento: impegnati nei laboratori per la ricerca contro il cancro ma anche nella musica, nella pittura, nella poesia. Soffientini ha preparato una colonna sonora utilizzando il Dna come uno spartito musicale per la mostra allestita nel centro di ricerca di via Adamello, nell’ambito della rassegna Stem in the city.
Le immagini delle cellule al microscopio sono esposte come quadri e la colonna sonora di sottofondo è un brano composto utilizzando il Dna come uno spartito musicale, a ogni lettera del genoma corrisponde una nota. Così la scienza diventa arte nella mostra proposta dai giovani studiosi dell’Ifom, impegnati nella lotta contro il cancro ma appena possono anche nella musica come nella poesia, nella pittura, nella fotografia. E così nel centro di ricerca di via Adamello prende forma anche un team speciale di doppi talenti.
Capofila è Paolo Soffientini, per lui doppia professione già da diversi anni. «Mi sono laureato in Biotecnologie all’università Statale mentre studiavo anche chitarra e batteria e la sera andavo a suonare nei centri sociali», racconta. «Ho lavorato come ricercatore nelle neuroscienze al Cnr e a San Diego e nel 2011 sono entrato nel gruppo dell’Ifom. Il mio campo è la proteomica ma è anche la musica, lavoro per agenzie che organizzano grandi eventi, suono la batteria in una band a feste e matrimoni». Per la mostra Imagine allestita in questi giorni all’Ifom (fra gli appuntamenti di «Stem in the city») ha curato la colonna sonora utilizzando la sua «Protein music», esperimento che ha presentato anche l’estate scorsa al Museo della Scienza e della Tecnologia e che prova a riassumere così: «Ho incrociato l’alfabeto della musica con quello del codice della vita». E spiega che il brano Degradation «è composto sulle sequenze della proteina p53, noto soppressore tumorale». Mentre in Happiness «ho messo sul pentagramma la cascata biochimica generata dalla dopamina, l’ormone della felicità».
Proteine e percussioni, per lui. E doppio binario fra scienza e musica anche per Giuseppina D’Alessandro, lei pianista con diploma al conservatorio e laurea all’università di Bari in Biotecnologie. È arrivata al centro di ricerca oncologica per studiare come si riparano i danni al genoma e suona, fra concerti e feste, ed è anche mezzosoprano in un coro gospel: «Molti di noi hanno questa doppia anima. Forse perché nell’arte come nella scienza c’è rigore e disciplina, interpretazione e creatività», dice.
Ancora un musicista nel team internazionale dell’Ifom è lo spagnolo Julio Aguado, biologo e violista. Studia come bloccare l’invecchiamento cellulare e conserva la passione per Beethoven «seconda sinfonia» e Mozart «41esima». Ha iniziato a suonare la viola all’età di 10 anni e non intende smettere, è stato anche nell’orchestra dell’università di Navarra a Pamplona fino al giorno prima di partire per Milano e iniziare il dottorato all’Ifom.
Ci sono anche pittrici, fotografe, poeti fra i trecento scienziati impegnati nel laboratori dell’istituto no profit creato nel 1998 dalla Fondazione italiana per la ricerca sul cancro. C’è l’indiana Judith Hariprakash, laurea in Bioinformatica e master in Genomica. Lei studia il ruolo delle mutazioni nella formazione dei tumori, e dipinge: vasi, conchiglie, pietre. E c’è Koustav Pal, laurea in Biotecnologia a Delhi e dottorato a Milano, passione per la ricerca come per la poesia. «Arte e scienza riescono a convivere e interagire — spiega Valentina Fajner, biotecnologa —. Io dipingo e lo faccio anche in laboratorio: la mia tavolozza sono le immagini scientifiche, gioco con i colori per evidenziare i meccanismi molecolari che studio. E l’arte mi aiuta nella ricerca, mi rilassa, riesco a riordinare meglio le idee». La mostra degli scienziati artisti è aperta fino a domani.
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