Gori: «Addio Pirellone E il Pd è timido»
Un mese dopo il voto: sono uomo di gestione, torno a Bergamo
«L’istinto sarebbe stato quello di dire addio un secondo dopo i risultati elettorali. Mi sono preso questi 35 giorni perché mi sembrava giusto rifletterci bene». La conclusione però è stata la medesima: Giorgio Gori saluta il Pirellone e torna in municipio a Bergamo.
Cosa l’ha convinta definitivamente?
«Ci sono due ordini di ragioni. La prima è l’impegno con gli elettori bergamaschi, impegno che anche nei loro confronti sarebbe stato giusto mettere tra parentesi solo nel caso fossi diventato presidente della Regione. La seconda è di carattere personale: sono un uomo di gestione, altri possono fare l’opposizione meglio di me».
Si ricandiderà a sindaco di Bergamo l’anno prossimo?
«Non sono questi i giorni per prendere questa decisione. Dico solo che mi ripresenterò agli elettori solo se avrò le stesse motivazioni e l’entusiasmo della scorsa volta».
Il gruppo del Pd ha scelto come capogruppo Fabio Pizzul contro Jacopo Scandella, un suo fedelissimo. C’entra questo piccolo sgarbo con la sua decisione?
«No, in alcun modo. Però è vero che mi sono speso a favore di Scandella. Sarebbe stata una scelta in discontinuità con l’immagine non brillantissima del Pd in Regione. Peccato».
E invece la scelta di Pizzul non la convince?
«Fabio è una bravissima persona, intendiamoci. Ma credo sarebbe stato necessario un cambio di passo. Il gruppo ha scelto diversamente e io non ho fatto polemica».
Cosa intende con cambio di passo?
«Se nell’elettorato lombardo è passata la percezione che Maroni tutto sommato ha governato bene, beh credo lo si debba anche a un tipo di opposizione troppo timida. Naturalmente non sto dicendo che questo sia all’origine della mia sconfitta, chiariamoci. Però un cambio di passo nel Pd regionale sarebbe stato auspicabile».
E a cosa si deve invece la sconfitta così netta, di oltre venti punti percentuali?
«Il 4 marzo i lombardi non hanno votato con l’intenzione di scegliere il miglior presidente della loro Regione. Hanno votato pensando alle Politiche. Con L’election day era impossibile vincere. Continuo però a pensare che la Lombardia meritasse di meglio».
Si riferisce alla campagna elettorale di Fontana, tutta giocata in difesa?
«È chiaro che Fontana ha sfruttato l’onda nazionale favorevole al centrodestra. Ma non è stata solo la sua campagna elettorale a essere stata deludente. Il discorso in aula di oggi (ieri, ndr) è stato inadeguato. Sarebbe stato il momento giusto per mettere sul tavolo qualche proposta nuova, qualche idea. E invece, il nulla. Quella del rimpianto non è la mia dimensione, ma continuo a credere che la Regione più avanzata del Paese meritasse di più». Tornasse indietro si ricandiderebbe in Regione? «Senza dubbio. Mi sono buttato in questa sfida quando in campo c’era Maroni e quindi in un qualche modo avevo messo in conto l’ipotesi di una sconfitta. Certo, non di queste proporzioni, ma appunto le ragioni le ho indicate prima. Dal punto di vista umano è stata un’esperienza unica e irripetibile. Non ho nemmeno particolari rimpianti o critiche da muovermi».
Nemmeno il Sì al referendum sull’autonomia?
«Ho sostenuto il Sì con gli altri sindaci del centrosinistra. Una posizione nel merito che rivendico e che di certo non ci ha fatto perdere consensi. Anzi: era necessaria per mantenere un minimo di sintonia con la Lombardia profonda». Perché questa Regione non è contendibile per il centrosinistra?
«C’è un radicamento molto profondo della destra che non viene scalfito nemmeno dall’avanzata dei Cinque Stelle. Ma sono certo che prima o poi la fortezza sarà espugnata. Non era questo il giro giusto, però».
Ha sentito Renzi o Martina prima della decisione?
«Li ho sentiti dopo il voto, ma la scelta di questi giorni è stata solo mia, del tutto personale».
Cosa pensa del tentativo di Martina di guidare il Pd?
«Sarebbe un tragico errore politico dividerci ancora. Maurizio ha le caratteristiche giuste per essere il punto d’equilibrio in questa fase di passaggio. Di fatto ha vinto il congresso in ticket con Renzi e il suo tentativo garantisce, almeno per ora, un po’ tutte le famiglie e le culture politiche. Poi si vedrà. Ma ora è il momento di lasciarlo lavorare».
Le «autonomie» Ho sostenuto il Sì e lo rivendico. Renzi non c’entra con le mie decisioni personali
I capigruppo La scelta di Pizzul al posto di Scandella non ha influito sulla mia decisione Fabio è bravissimo ma serviva un cambio di passo
La sfida Continuo a pensare che con l’election day vincere fosse impossibile I cittadini sono andati alle urne pensando alle Politiche
Il futuro In Regione la destra è radicata e resiste all’avanzata dei Cinque Stelle: non era questo il giro giusto ma la fortezza sarà espugnata