Esotismo raffinato con «Il Corsaro»
Un mare in tempesta solcato dal veliero di pirati in amore, all’arrembaggio di una Turchia fascinosa e di maniera, come la dipingevano nell’Ottocento gli orientalisti. Basterebbe il magistrale tocco di Luisa Spinatelli per rendere pregevole «Il Corsaro», in scena alla Scala fino al 17 maggio. Erede della grande tradizione storica italiana e specialista di balletti (insuperata la magia del suo «Sogno di una notte di mezza estate» di Balanchine per Milano), la scenografa incornicia l’immaginario esotico di Lord Byron in un colto universo pittorico, vestendo odalische e schiavi con raffinati costumi rispettosi delle esigenze della danza. La versione coreografica di Anna-Marie Holmes da Petipa-Sergeyev è rodatissima all’estero e giunge a noi calibrata sul gusto del pubblico di oggi, con l’intento di modernizzare quello che fu un kolossal zarista, obiettivo raggiunto. Finora alla Scala si era visto solo il celeberrimo pas de deux di Alì, lo Schiavo, con Medora, cavallo di battaglia di Nureyev-Fonteyn, immancabile nei gala a ogni latitudine. Nella nuova produzione della Scala, a trionfare a sorpresa nei panni sbuffanti dello Schiavo, è stato il giovanissimo Mattia Semperboni che ha padroneggiato con disinvoltura il fuoco d’artificio tecnico del ruolo. Bene i protagonisti del primo cast, Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko.