Un arsenale militare per la guerra del clan
Mitra e pistole, indagini sui Barbaro-Papalia
Avevano un mitra Kalashnikov, tre pistole e 165 proiettili. Armi ben conservate e pronte all’uso. Erano nascoste in un borsone da calcio all’interno di una cassapanca in un appartamento di Buccinasco. I carabinieri della compagnia di Corsico hanno arrestato un pregiudicato di 46 anni e un incensurato di 38, colui che materialmente teneva l’arsenale. Per gli inquirenti però quelle armi sono della cosca Barbaro-Papalia. Benedetto Mascari, infatti, faceva parte della batteria di rapinatori di Franco Mazzone, uomo del clan. L’arresto al momento dell’esame del capello in una clinica di Città Studi.
I «ferri» erano nascosti in un borsone blu da calcio dell’Asd Lorenteggio. Il mitra, beno oliato e avvolto da un panno, le pistole infilate dentro vecchi calzini. Armi chiuse in una cassapanca di casa, e pronte all’uso. Come si fa quando tra i clan c’è aria di guerra. Quando le pallottole fischiano e bisogna difendersi. O attaccare.
Eppure qui non c’è nessuna faida. Non ce n’è mai stata una guerra una nella storia di questo clan. Qui la ‘ndrangheta non spara dagli anni Novanta. E non ne avrebbe il motivo visto che nessuno sarebbe mai così pazzo da mettersi contro il clan più feroce e potente delle cosche calabresi al Nord. Ma per gli inquirenti quell’arsenale non può che essere affare dei Barbaro-Papalia. Perché qui comandano loro e perché chi aveva quelle armi è un uomo fidato, un «compare» di alcuni uomini della cosca. E anche se giudiziariamente ancora il clan non esiste, nel senso che i processi sui nuovi Barbaro-Papalia sono ancora a un punto morto, e anche se manca ancora una inchiesta organica che faccia luce sul presente della cosca di Platì nell’hinterland di Milano (solo sfiorati dalla maxi indagine Infinito), la verità è che i Barbaro-Papalia restano la più grande minaccia per la sicurezza pubblica di tutta la Lombardia. Senza che nessuno, salvo pochi magistrati, poliziotti, carabinieri e finanzieri, quasi se ne preoccupi. Ma torniamo a quel borsone di armi. Venerdì mattina, l’ambulatorio di una clinica di Città Studi. Benedetto Mascari, 46 anni, originario di Palermo ma residente a Buccinasco, si presenta allo sportello per gli esami del capello. Analisi previste per chi come lui è affidato in prova. Ha trascorso in carcere complessivamente 17 anni, fa parte di una banda di rapinatori arrestata nel 2009. Ma tre anni dopo, nel 2012, è già fuori e viene arrestato dalla Questura per spaccio. Ora la nuova scarcerazione e la necessità, se non vuole tornare in cella, di dimostrare che riga dritto, che non tocca droga. Quando è il suo turno però nell’ambulatorio entra un altro uomo. È Stefano Caramuscio, 38 anni, nessun precedente, nessun problema di droga, vicino di casa di Mascari. Ha la carta d’identità dell’amico, ma sopra ha la sua foto per «barare» sull’esame.
Tra gli infermieri ci sono però i carabinieri di Corsico. Conoscono il trucco e aspettano solo che i due amici si scambino i ruoli. Gli investigatori li avevano seguiti fin dalla prima mattina, quando erano usciti dal palazzo dove vivono in via don Minzoni, 4 a Buccinasco. Li hanno seguiti in metro, li hanno visti andare verso la clinica e hanno organizzato la trappola. I militari della compagnia di Corsico, guidati dal capitano Pasquale Puca, però sapevano anche altro. Da giorni tenevano d’occhio Mascari. A «fregarlo» una segnalazione confidenziale arrivata al comandante della stazione di Trezzano sul Naviglio, Michele Cuccuru: «Qualcuno lo ha visto girare con addosso le pistole .... ».
Così il maresciallo e i suoi uomini hanno iniziato a pedinarlo. Mascari girava da un bar all’altro. Tutti locali frequentati da pregiudicati e da uomini della cosca BarbaroPapalia. Del resto il 46enne è legatissimo a Franco Michele Mazzone, 53 anni, ex imprenditore, rapinatore ma organico al clan, tanto da essere arrestato nell’inchiesta Parco Sud. Mascari da qualche tempo era tornato al giro della droga. Così i militari, quando lo hanno fermato in clinica, hanno perquisito le due case. Nell’appartamento del 38enne è saltato fuori il borsone con mitra e pistole. Un Kalashnikov, un revolver 44 Magnum, una pistola 7, 65 e una 6,35, più 165 proiettili di vari calibri.
In cantina aveva anche mezzo chilo di hashish e involucri che contenevano coca. A quel punto Mascari ha ammesso: «Sono mie. Gli ho chiesto io di tenerle». «E chi te le ha date?», hanno chiesto i carabinieri. «Maresciallo, mi permettete di prendervi in giro? Diciamo che le ho trovate in un parco...».
La trappola
In manette Benedetto Mascari, ex rapinatore Era andato a fare l’esame del capello