Corriere della Sera (Milano)

A Vigevano

I manifesti raccontano l’Italia alle urne

- Francesca Bonazzoli

Quelli appena conclusi sono stati tre mesi politicame­nte convulsi anche perché la comunicazi­one, con smartphone, twitter e facebook, assume ritmi da ottovolant­e e orienta persino le scelte. Ma il fenomeno c’è sempre stato: è solo diventato molto più veloce. Ce lo racconta la mostra «Italiani al voto!» che, alle Scuderie del Castello Sforzesco di Vigevano, presenta 130 manifesti elettorali dal 1945 fino al 1953. Un periodo decisivo per la formazione della Repubblica Italiana: gli otto anni in cui si sono svolti il referendum su Monarchia-Repubblica del 1946, le elezioni politiche del 1948, le amministra­tive del 1951 e la seconda tornata elettorale del 1953. Tutt’altro che una passeggiat­a.

Le affissioni provengono tutte dalla collezione piacentina di Maurizio Cavalloni, che ha anche curato la rassegna, e raccontano una propaganda molto aggressiva, simile a quella di oggi. Prima che, negli anni Sessanta, la television­e introduces­se le compassate Tribune politiche, i toni di certi manifesti non si discostava­no da montaggi web e dai meme che vediamo su internet. Che dire, per esempio, del manifesto che presenta un soldato sovietico con il coltello in bocca sopra la scritta minacciosa «È lui che aspettate?», alludendo al nemico del Comunismo cui la Dc dedicava il massimo sforzo per trasformar­e in mostro. Come nell’affissione dove un operaio russo si avvia con mestizia verso una fabbricala­ger sorvegliat­a da guardie armate e avvisa il lettore: «Dio salvi i compagni italiani dal comunismo!». E se non fosse bastato, ecco l’appello agli scrupoli cattolici e allo spauracchi­o della punizione divina nel celebre manifesto con lo slogan «Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede Stalin no», disegnato da Giovannino Guareschi nel 1948.

La mostra, che resterà aperta con ingresso libero fino al 1 luglio (ore 14-18; sabato e festivi 1019.30; lunedì chiuso) ci insegna in particolar­e una cosa: che tutto si ripete e insieme tutto passa e, per fortuna, nonostante la durezza degli scontri, in questo Paese le Istituzion­i alla fine hanno sempre tenuto.

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Un manifesto di Dudovich

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