Corriere della Sera (Milano)

L’INSOSTENIB­ILE «BELLEZZA» DEGLI AGGETTIVI

- di Antonio Lubrano

Quando si dice la fortuna

(o la sfortuna) di uno splendido aggettivo! Esempio: «Meraviglio­so». Era anche il titolo di una indimentic­abile canzone di Modugno; oggi in tivù è diventato il fastidioso intercalar­e di Carlo Conti o di Milly Carlucci. E che ne dite di «sostenibil­e», parola di gran moda? Cioè qualcosa che può essere difeso, convalidat­o, supportato. Come l’«economia sostenibil­e». O la «mobilità sostenibil­e». Etichetta che incuriosis­ce perché propone un sogno: la città non oppressa dal traffico, dove i mezzi pubblici sono più veloci e dove gli umani possono camminare tranquilli. Nell’Europa del Nord hanno cominciato già negli Anni 70: a Oslo, Stoccolma, Amsterdam, Edimburgo, Londra, Copenaghen, sono state bandite le macchine private dal centro.

A Milano il piano mobilità dolce data dal giugno 2017. E si è appreso che fra due anni scomparira­nno dalla circolazio­ne 600mila auto diesel. E che forse, addirittur­a, i taxi voleranno. Ovviamente per noi cittadini significa rinunciare a certe comodità. E non è finita: c’è anche «la spesa sostenibil­e», che i supermerca­ti sbandieran­o per invogliare la clientela (vale a dire: qui si praticano prezzi modici). E adesso sulla porta di un centro estetico ho letto questo slogan: «A presidio di una bellezza sostenibil­e». Ma perché, esiste pure una bellezza insostenib­ile?

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