L’INSOSTENIBILE «BELLEZZA» DEGLI AGGETTIVI
Quando si dice la fortuna
(o la sfortuna) di uno splendido aggettivo! Esempio: «Meraviglioso». Era anche il titolo di una indimenticabile canzone di Modugno; oggi in tivù è diventato il fastidioso intercalare di Carlo Conti o di Milly Carlucci. E che ne dite di «sostenibile», parola di gran moda? Cioè qualcosa che può essere difeso, convalidato, supportato. Come l’«economia sostenibile». O la «mobilità sostenibile». Etichetta che incuriosisce perché propone un sogno: la città non oppressa dal traffico, dove i mezzi pubblici sono più veloci e dove gli umani possono camminare tranquilli. Nell’Europa del Nord hanno cominciato già negli Anni 70: a Oslo, Stoccolma, Amsterdam, Edimburgo, Londra, Copenaghen, sono state bandite le macchine private dal centro.
A Milano il piano mobilità dolce data dal giugno 2017. E si è appreso che fra due anni scompariranno dalla circolazione 600mila auto diesel. E che forse, addirittura, i taxi voleranno. Ovviamente per noi cittadini significa rinunciare a certe comodità. E non è finita: c’è anche «la spesa sostenibile», che i supermercati sbandierano per invogliare la clientela (vale a dire: qui si praticano prezzi modici). E adesso sulla porta di un centro estetico ho letto questo slogan: «A presidio di una bellezza sostenibile». Ma perché, esiste pure una bellezza insostenibile?