Vortice di legno sulla facciata dell’ex chiesa
Inaugurata l’installazione sull’ex chiesa di San Sisto. L’artista Nava: l’albero della cultura per attirare i turisti
Il «vortice» — 45 metri lineari di rami di nocciolo intrecciati — s’è svelato alle due di ieri pomeriggio. Ci sono voluti centodieci giorni di lavoro per realizzare l’installazione in legno che s’arrampica come un «albero vivente» lungo la facciata, avvolge lo spazio esterno e poi, attraverso una vetrata, invade l’antica chiesa sconsacrata di San Sisto. Leonardo Nava, 44 anni, è lo scultore che lo ha realizzato rianimando così il civico Museo Studio di Francesco Messina. L’antica chiesa sconsacrata di San Sisto, vicino alla centralissima via Torino e nel cuore dell’antica città romana, fu lo studio dell’artista siciliano (milanese d’adozione) prima di trasformarsi in un museo monografico dedicato alla ricerca. Oggi l’opera sarà inaugurata. Ma per chi passa tutti i giorni da questo fazzoletto di centro storico per lavoro o ha la fortuna di viverci, come per i tanti giovani turisti che fanno tappa al vicino Ostello Bello, la scultura che porta l’abbraccio della natura alla città è già una parte integrante del quotidiano.
Committente dell’installazione è la direzione del Museo che ha così ristabilito una continuità con l’eredità del maestro il cui sogno era di aprire uno spazio per i giovani artisti. Quei rami intrecciati che Nava ha portato dai Colli Euganei e dalla Carnia, gli stessi che un tempo si usavano per cerchiare le botti, formano una voluta continua che, tolte le impalcature, s’integra perfettamente con l’ambiente circostante. «Il rapporto dell’uomo con la natura è il tema su cui lavoro, il mio percorso di ricerca», spiega Nava.
L’installazione sarà sempre visibile all’esterno e diventerà un elemento di richiamo nell’area tra via Torino e le Cinque Vie. Una boccata d’ossigeno per il civico Museo Studio che è stato aperto nel 1974 grazie al lascito fatto al Comune: custodisce 80 sculture improntate alla classicità (gessi, terrecotte policrome, bronzi, cere) e 26 opere su carta (litografie, pastelli, acquerelli, disegni a matita) tra le più pregevoli che Francesco Messina realizzò nell’arco della sua vita. Per molti anni, dopo che l’autore aveva terminato l’insegnamento all’Accademia di Brera, la chiesa sconsacrata era stata il suo luogo di lavoro: aveva trasformato in atelier gli spazi della casa parrocchiale e in museo la navata e la cripta della chiesa.