La sfida degli scali
Una mostra fotografica di Introini e Radino fa il punto sulle aree chiave del futuro di Milano
Se oggi a Milano si vuole parlare di grandi trasformazioni urbane non si può prescindere dagli scali ferroviari dismessi. Non esiste luogo più emblematico per indicare le grandi opportunità che la città ha davanti a sé, nonché le sfide che dovrà affrontare. I sette scali di Farini, Greco, Lambrate, Porta Romana, Rogoredo, Porta Genova e San Cristoforo, che insieme ricoprono una superficie di 1 milione e 250 mila metri quadri, hanno conosciuto un passato glorioso. Testimoni e motori essi stessi di sviluppo industriale nel secolo scorso, hanno agevolato il trasporto e la consegna di prodotti finiti e generi di prima necessità e incentivato con la loro presenza la crescita di vivaci quartieri limitrofi. Oggi sono aree completamente abbandonate su cui da più di dieci anni si sono accesi i riflettori del dibattito urbanistico. L’Accordo di Programma, siglato tra Comune, Regione, FS Italiane e gli altri soggetti coinvolti, ha ottenuto il via libera dal consiglio comunale a giugno 2017. Se la riqualificazione sarà realizzata, si tratterà di uno dei progetti di recupero più ambiziosi d’Europa il cui valore viene stimato in oltre un milione di euro. E certo il volto di Milano cambierà profondamente.
Ciò premesso, la Fondazione Aem ha ideato e promosso la mostra «Gli scali ferroviari di Milano. Oggi, prima di domani» commissionando a due prestigiosi nomi della fotografia contemporanea — Francesco Radino e Marco Introini — un’indagine accurata e documentaristica delle suddette aree. Mentre Radino ha posto l’accento sugli spazi interni, sul dialogo tra memoria, uomo e natura, Introini si è soffermato sull’aspetto architettonico, sulle vedute esterne e sulla ricerca delle intersezioni tra la città otto-novecentesca e la Milano degli anni Duemila. «Camminare all’interno degli scali — racconta Radino — soprattutto di quelli più ampi come Farini e Porta Romana, è stata l’occasione per vederne da vicino le immense potenzialità. Si tratta di spazi di grande respiro, che rappresentano l’opportunità unica per Milano di dotarsi di una cintura verde strategica per il futuro della città». E mentre gli scatti di Introini utilizzano il bianco e nero più adatto a riprodurre i grafismi e i volumi degli edifici, Radino ha scelto il colore perché: «Densità, luminosità, contrasti, con l’avvento del digitale ogni fattore può essere calibrato fin nel più minimo dettaglio. Un’operazione che un tempo svolgevo nella camera oscura e che oggi affronto davanti al computer». Radino ha anche scelto di ambientare le immagini in un arco temporale preciso: dalle giornate più fredde e grigie dell’inverno fino a quelle primaverili dove luce e vegetazione fanno la loro comparsa: «È un percorso temporale che si conclude con una predominanza del verde per dare un messaggio forte e chiaro: questa città ha bisogno di respirare e per farlo deve dotarsi di un polmone verde. Mi auguro che sapremo cogliere quest’irripetibile opportunità».
La mostra è accompagnata da un bel catalogo con oltre 80 immagini.