Airbnb e sommerso
LA TASSA DAL VOLTO BUONO
L’accordo fra Comune di Milano e Airbnb, la piattaforma internet per l’affitto breve di alloggi privati, ha già fruttato a Palazzo Marino in due mesi un milione in più di imposta di soggiorno. La cifra è ancora più significativa perché fa «emergere» l’evidenza di un turismo che prima sfuggiva a questa tassa. Che peraltro il governo Lega-Cinque Stelle vuole abolire: il nostro Paese «rinuncerebbe» così ai 500600 milioni incassati con quella imposta e resterebbe fra i pochi a non prevederla.
Ora, prima ancora di pensare che una decisione dell’esecutivo possa cancellare entrate al Comune per oltre 40 milioni l’anno, destinate a crescere grazie alla attrattività internazionale della città e alla maggior trasparenza, occorre non perdere tempo e allargare l’accordo stile Airbnb, che prevede la riscossione alla fonte del tributo che viene poi riversato al Comune, con le altre piattaforme che svolgono servizi simili. Perché non accada ciò che invece è successo laddove l’intesa è già sottoscritta, come a Firenze o Torino: gli annunci su Airbnb sono diminuiti mentre sono aumentati quelli sui portali concorrenti. Un atteggiamento prevedibile in un’economia di mercato. Ma che andrebbe contro l’interesse di tutti i cittadini: vivere in una città più bella, che offre non solo le settimane del design e della moda, eventi che fanno lievitare gli incassi di chi affitta stanze o appartamenti, ma (anche grazie alla tassa) più cultura e servizi.