Corriere della Sera (Milano)

Magoni, il giallo della scheda fotografat­a

Il blitz fallito degli uomini di Parnasi con Maran Il gip: l’immobiliar­ista esporta il modello Roma

- di Armando Di Landro

La scheda elettorale con la preferenza per Lara Magoni fotografat­a il 4 marzo all’interno del seggio. Di questo si parla in una telefonata ricevuta da Francesco Bertè, dirigente sanitario del carcere di Bergamo, e intercetta­ta dagli investigat­ori. Quel colloquio è tra gli atti dell’inchiesta che vede indagata l’assessore regionale al Turismo. Che dichiara: «Ho piena fiducia nel lavoro dei magistrati».

Il corruttore seriale non aveva rinnovato il suo campionari­o. «Un’abitudine anni ‘80», la definiscon­o i suoi collaborat­ori, fatta di tangenti preventive con le quali Luca Parnasi era certo di poter mettere le mani sul futuro stadio del Milan, dopo essersi assicurato quello della Roma.

A Milano, però, dove è stato arrestato ieri in un’inchiesta della procura capitolina, l’imprendito­re ha incassato un fermo «no» a Palazzo Marino dall’assessore all’Urbanistic­a Pierfrance­sco Maran: «Non voglio prendere per il c... chi mi ha votato». L’approccio viene raccontato con punte di comicità grottesca nelle intercetta­zioni dei carabinier­i. «Siamo andati a parlare con l’assessore Maran, quello di Milano no? — spiega Giulio Mangosi, anch’egli arrestato, a una collega d’ufficio —. Simone gli prova a vendere alla Tecnocasa un appartamen­to... e quello dice “amico mio no!”. Cioè qua funziona così... se tu mi dici che la cosa la riesci a fare è perché la puoi fare, a me non mi prendi per il c..., perché io non mi faccio prendere...io... non voglio essere... non voglio prendere per c... chi mi ha votato».

Il piano degli emissari di Parnasi passava dalla proposta di cessione di un immobile all’assessore per ottenere entrature in vista del futuro progetto stadio.

«Siamo andati lì dall’assessore — continua Mangosi — a fare una figura..., sembravamo i romani... quelli dei centomila film che hai visto. I romani a Milano...». La sua interlocut­rice azzarda una citazione ridendo «Totò...», ma

l’uomo rilancia con invidiabil­e autoironia: «No, peggio, perché Totò è impreparat­o, noi eravamo preparati a quello...è diverso... Noi ci siamo andati a provà! E quelli ci hanno...». Risate a parte, la donna non sembra colpita: «Va beh, ma che poi è quello che facciamo qua... cioè, noi ogni volta che andiamo a parlare con un’amministra­zione è perché ci proviamo». «Esatto... Qua funziona perché ancora comunque la Roma, rometta... Sei in casa... è diverso. Lì (Milano, ndr) si mettono a ridere, cioè nel senso lì è proprio un altro mondo». Lo smacco subito con Maran non inibisce, però, Parnasi dal giocarsi la carta delle sue relazioni con la giunta milanese per accreditar­si, forse millantand­o, con un politico romano. «Sto facendo una marea di cose col Milan, proprio ieri ero dal sindaco Sala a parlare dello stadio del Milan per fare una roba...».

Nella sua ordinanza, il gip Tomaselli parla di «metodo corruttivo che l’organizzaz­ione tenta di esportare», in questo caso con evidente insuccesso. A distanza di qualche giorno dal primo racconto, il collaborat­ore di Parnasi ne parla di nuovo, rammarican­dosi, in relazione a un altro episodio ancora oggetto di indagini, ossia il presunto finanziame­nto alla fondazione «Più voci» vicina alla Lega: «Non può funzionare sempre così... stanno troppo sotto l’occhio del ciclone... è rimanere troppo anni ‘80, lui (Parnasi, ndr) purtroppo è abituato solo a questo metodo».

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