Punti nascita Entro fine anno stop a 4 reparti
Deciso l’iter per le chiusure. Gallera: «Non lasceremo sole le future mamme»
L’ultima volta che ci hanno provato, nel dicembre 2016, le mamme per protesta hanno occupato a oltranza l’ospedale. Ma, forse, adesso è la volta buona. Quattro punti nascita sono prossimi alla chiusura: non verranno più alla luce bambini all’ospedale Ondoli di Angera (Varese), al Locatelli di Piario (Bergamo), all’Oglio Po di Casalmaggiore (Cremona) e in alternativa a Chiavenna (Valtellina) o Gravedona (Como). Una decisione che rischia di essere parecchio impopolare, ma giusta. Una scelta fatta a tutela delle future mamme e dei nascituri. L’evidenza scientifica dimostra che un reparto maternità dove vengono eseguiti meno di 500 parti l’anno non può avere i requisiti minimi di sicurezza né l’esperienza necessaria per affrontare situazioni difficili o improvvise; non solo: spesso, proprio per via delle dimensioni e del basso volume di nascite, non si riescono ad assicurare ostetriche, pediatri, ginecologi e anestesisti 24 ore su 24. Resta aperto, invece, l’ospedale Morelli di Sondalo (Sondrio). Il motivo? «Per la situazione di disagio orografico (presenza di rilievi montuosi, ndr ) — scrivono gli esperti del Comitato percorso nascita nazionale —, documentato dalla distanza superiore a un’ora anche in condizioni ottimali tra molti Comuni del bacino e gli ospedali alternativi, e dall’altezza sul livello del mare dei paesi che condiziona significativamente l’aumento dei tempi di percorrenza nella stagione invernale». Lo stesso vale per uno dei due ospedali tra Chiavenna e Gravedona.
Un anno e mezzo fa il primo tentativo di chiudere i punti nascita si ferma davanti alle proteste locali. Resistenze e campanilismi cavalcati in modo bipartisan anche da sindaci e politici regionali che, in nome del consenso popolare, rischiano di mettere in pericolo la vita di madri e nascituri. Ora la Regione Lombardia guidata da Attilio Fontana ci ritenta. La questione è stata affrontata ieri nella commissione Sanità del Pirellone dall’assessore Giulio Gallera e dal neodirettore generale Luigi Cajazzo (arrivato il 4 giugno). Si tratta di applicare un norma nazionale che risale addirittura al 2010, il cosiddetto Piano per la riorganizzazione dei punti nascita predisposto dall’allora ministro Ferruccio Fazio: «I centri dove si effettuano meno di 500 parti all’anno vanno chiusi».
I quattro reparti maternità non saranno chiusi da un giorno all’altro. La deadline è la fine dell’anno. L’intenzione dei vertici dell’assessorato alla Sanità è di spiegare ai cittadini i motivi della decisione e di avviare un percorso il più possibile condiviso con la popolazione. L’Ondoli di Angera e l’Oglio Po di CasalMaggiore sono sui 400 parti l’anno, il Locatelli di Piario è sui 420, Chiavenna addirittura sui 210. Spiega Gallera: «Nei prossimi giorni definiremo nei dettagli il percorso da seguire prima di procedere alle chiusure. La certezza è che non lasceremo sola nessuna futura mamma». Sottolineano Antonio Girelli e Samuele Astuti del Pd: «È dal 2010 che si parla di chiusura delle sale parto che hanno pochi nati, perché meno sicure per la salute della donna e del neonato, ma la Regione fino a oggi ha navigato a vista chiedendo deroghe al ministero». C’è da sperare che i tentennamenti siano finiti.
Il motivo
I dati dimostrano che sotto i 500 parti non sono garantite sicurezza ed esperienza