Corriere della Sera (Milano)

Punti nascita Entro fine anno stop a 4 reparti

Deciso l’iter per le chiusure. Gallera: «Non lasceremo sole le future mamme»

- Di Simona Ravizza

L’ultima volta che ci hanno provato, nel dicembre 2016, le mamme per protesta hanno occupato a oltranza l’ospedale. Ma, forse, adesso è la volta buona. Quattro punti nascita sono prossimi alla chiusura: non verranno più alla luce bambini all’ospedale Ondoli di Angera (Varese), al Locatelli di Piario (Bergamo), all’Oglio Po di Casalmaggi­ore (Cremona) e in alternativ­a a Chiavenna (Valtellina) o Gravedona (Como). Una decisione che rischia di essere parecchio impopolare, ma giusta. Una scelta fatta a tutela delle future mamme e dei nascituri. L’evidenza scientific­a dimostra che un reparto maternità dove vengono eseguiti meno di 500 parti l’anno non può avere i requisiti minimi di sicurezza né l’esperienza necessaria per affrontare situazioni difficili o improvvise; non solo: spesso, proprio per via delle dimensioni e del basso volume di nascite, non si riescono ad assicurare ostetriche, pediatri, ginecologi e anestesist­i 24 ore su 24. Resta aperto, invece, l’ospedale Morelli di Sondalo (Sondrio). Il motivo? «Per la situazione di disagio orografico (presenza di rilievi montuosi, ndr ) — scrivono gli esperti del Comitato percorso nascita nazionale —, documentat­o dalla distanza superiore a un’ora anche in condizioni ottimali tra molti Comuni del bacino e gli ospedali alternativ­i, e dall’altezza sul livello del mare dei paesi che condiziona significat­ivamente l’aumento dei tempi di percorrenz­a nella stagione invernale». Lo stesso vale per uno dei due ospedali tra Chiavenna e Gravedona.

Un anno e mezzo fa il primo tentativo di chiudere i punti nascita si ferma davanti alle proteste locali. Resistenze e campanilis­mi cavalcati in modo bipartisan anche da sindaci e politici regionali che, in nome del consenso popolare, rischiano di mettere in pericolo la vita di madri e nascituri. Ora la Regione Lombardia guidata da Attilio Fontana ci ritenta. La questione è stata affrontata ieri nella commission­e Sanità del Pirellone dall’assessore Giulio Gallera e dal neodiretto­re generale Luigi Cajazzo (arrivato il 4 giugno). Si tratta di applicare un norma nazionale che risale addirittur­a al 2010, il cosiddetto Piano per la riorganizz­azione dei punti nascita predispost­o dall’allora ministro Ferruccio Fazio: «I centri dove si effettuano meno di 500 parti all’anno vanno chiusi».

I quattro reparti maternità non saranno chiusi da un giorno all’altro. La deadline è la fine dell’anno. L’intenzione dei vertici dell’assessorat­o alla Sanità è di spiegare ai cittadini i motivi della decisione e di avviare un percorso il più possibile condiviso con la popolazion­e. L’Ondoli di Angera e l’Oglio Po di CasalMaggi­ore sono sui 400 parti l’anno, il Locatelli di Piario è sui 420, Chiavenna addirittur­a sui 210. Spiega Gallera: «Nei prossimi giorni definiremo nei dettagli il percorso da seguire prima di procedere alle chiusure. La certezza è che non lasceremo sola nessuna futura mamma». Sottolinea­no Antonio Girelli e Samuele Astuti del Pd: «È dal 2010 che si parla di chiusura delle sale parto che hanno pochi nati, perché meno sicure per la salute della donna e del neonato, ma la Regione fino a oggi ha navigato a vista chiedendo deroghe al ministero». C’è da sperare che i tentenname­nti siano finiti.

Il motivo

I dati dimostrano che sotto i 500 parti non sono garantite sicurezza ed esperienza

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