Scuola in anticipo, «primini» a rischio
Studio dell’istituto Negri: forzare i tempi può indurre iperattività e deficit d’attenzione
In classe con un anno d’anticipo? Le conseguenze potrebbero essere negative. Una ricerca appena pubblicata dall’Irccs Mario Negri mette in relazione i disturbi d’attenzione all’età in cui i bambini approdano in prima elementare. I più piccoli hanno maggiore probabilità di incorrere in deficit d’attenzione e iperattività. «Non sono maturi dal punto di vista affettivo e relazionale».
Lo studio sui dati raccolti dall’accompagnamento di 4.081 bambini lombardi. L’analisi del rendimento scolastico, del contesto sociale e di classe. Con un focus particolare: la data di nascita. La conclusione a cui sono giunti gli esperti dell’istituto Mario Negri mette un freno ai genitori troppo ansiosi: anticipare l’iscrizione dei figli alle elementari può portare a un deficit di attenzione o iperattività. «Non è questione di intelligenza, ma di maturità affettiva e relazionale», spiega Maurizio Bonati, responsabile del dipartimento di salute pubblica dell’Irccs Negri di Milano. I bambini che entrano alla primaria hanno un’età compresa tra i 5 anni e 8 mesi (per chi nasce a dicembre) e i 6 anni e 8 mesi (per i nati a gennaio). Differenze che pesano e possono avere ripercussioni negative. «Abbiamo studiato i casi degli alunni che sono stati indirizzati ai centri regionali per il sospetto di disturbi d’attenzione». Partendo da quei dati è stata realizzata la ricerca pubblicata il 6 giugno da Bonati con cinque colleghi. Il campione è la generazione 1991-1996, poco più di 4 mila ragazzini. L’indagine spiega che «i bambini di 6-9 anni nati da maggio ad agosto hanno il 20 per cento in più di probabilità di ricevere una diagnosi di deficit d’attenzione o iperattività». La percentuale sale al 69 per cento per chi festeggia il compleanno tra settembre e dicembre rispetto ai compagni più grandi, venuti al mondo nei primi quattro mesi dell’anno. «Il rischio si mantiene nel tempo — continua il dottore —, inoltre i bambini più piccoli incorro-
no con maggiore frequenza in bocciature».
Ancora più delicata la posizione dei «primini», coloro che accedono alle elementari con un anno d’anticipo perché nati entro il 30 aprile. Lo stacco con i compagni di classe arriva a toccare i 18 mesi. In base alla ricerca gli esiti negativi su questi studenti potrebbero essere anche maggiori. «Oltre a iperattività o scarsa attenzione, i bambini più piccoli possono soffrire di ansia, disturbi del sonno e dell’apprendimento», proprio perché a confronto con gli altri studenti le abilità relazionali sono inferiori. «È un problema di aspettative dei genitori — continua Bonati —. Nutrono grandi attese nei confronti dei figli, sia a scuola sia nello sport. Vogliono che emergano. Invece è importante saper rispettare i tempi di ciascun bambino. Non basta dire “sa già leggere, può andare a scuola”». Ovvero il bambino può essere intelligente, ma non in grado di concentrarsi e star fermo al banco. In mezzo ad altri alunni più grandi potrebbe sentirsi inadeguato e affaticato.
Di fronte alle evidenze scientifiche, è necessaria più attenzione da parte di mamme e papà, insegnanti e dottori. «Le maestre si accorgono di queste differenze, ma non sempre hanno la possibilità di creare percorsi di studio flessibili con approcci individualizzati». Un aiuto in più potrebbe venire da sperimentazioni come il metodo Montessori, che favorisce gli aspetti relazionali e le abilità rispetto al lato cognitivo. Sulla parte medica, il rimando è a considerazioni di ordine pratico. «Prima di effettuare una diagnosi su deficit d’attenzione, è necessario capire il contesto sociale in cui è inserito il bambino e in quale classe».
Per i genitori la questione è più complessa. «Soprattutto le mamme e i papà giovani hanno attese alte: chiedono molto a sé e ai piccoli. Anche per questo sono in aumento i casi di disturbi psicologici».