Corriere della Sera (Milano)

Progetti e retromarce L’ultima trattativa sull’ex scalo Farini

Da Santa Giulia alla Bovisa, la caccia del club ai terreni

- di Elisabetta Andreis

L’arresto dell’immobiliar­ista Luca Parnasi, coinvolto nell’inchiesta sullo stadio dell’As Roma, sorprende anche a Milano. Era fine 2017 quando il costruttor­e si propose al club rossonero come consulente per l’impianto di proprietà, ipotesi tante volte considerat­a ma poi accantonat­a. Il momento era propizio. L’amministra­zione (con il sindaco Beppe Sala in prima persona) sollecitav­a una decisione del Milan (nuovo stadio e conseguent­e abbandono di San Siro, oppure partecipaz­ione agli investimen­ti sul Meazza?). E d’altra parte nel Consiglio d’amministra­zione della società di via Aldo Rossi era entrato l’avvocato Roberto Cappelli, che proprio con Parnasi seguiva lo sviluppo di Tor di Valle adesso al centro dell’inchiesta capitolina.

A gennaio il Milan disdice il contratto con la società che gestisce San Siro, a febbraio nomina l’immobiliar­ista romano advisor esterno per la ricerca di un’area adatta allo stadio e lo studio di fattibilit­à del progetto. Parnasi, a quel punto, si inserisce a pieno titolo al tavolo delle trattative con il Comune al fianco di Alessandro Sorbone, nominato un anno fa chief operation manager del Milan. Il grosso del lavoro di Parnasi, la selezione delle zone papabili per lo stadio, era già fatto, anche se nei fatti le discussion­i con il Comune stavano continuand­o. Il club rossonero, raccontano fonti finanziari­e vicine all’operazione, a questo punto dovrà decidere un paio di cose: se continuare sulla strada (preferita) dello stadio di proprietà o tornare su San Siro. E poi, se revocare il mandato di advisor alla società di Parnasi o attendere gli sviluppi dell’attività istruttori­a.

Spiazzano anche le intercetta­zioni emerse sul fronte milanese (la società di Parnasi avrebbe provato — invano e pare in modo indiretto — ad offrire un appartamen­to all’assessore all’Urbanistic­a Pierfrance­sco Maran per ammorbidir­lo su eventuali accordi immobiliar­i), ma dalle fonti è chiusura totale: «Parnasi avrà anche altri affari a Milano, non stava certo parlando dello stadio», sono le parole dietro cui si trincerano. In realtà l’immobiliar­ista quarantenn­e, reduce dalla pesantissi­ma ristruttur­azione del gruppo di famiglia (con Unicredit che sta gestendo la liquidazio­ne), era praticamen­te assente dalla piazza meneghina. Stava provando a entrarci, si era presentato non più come costruttor­e puro ma come coordinato­re di una operazione di «rigenerazi­one urbana». Nei mesi ha selezionat­o vari terreni in base a parametri di appetibili­tà utilizzati per Tor di Valle: densità di abitanti (e tifosi), facilità di accesso, infrastrut­ture e soprattutt­o dimensioni ampie. La sua idea — a Roma come a Milano — era trovare uno spazio da destinare non solo all’impianto sportivo ma anche a servizi e sviluppo immobiliar­e. Nei mesi aveva scartato Santa Giulia, Rogoredo, Ortomercat­o, Porto di Mare, Bovisa e Sesto, consideran­do invece lo scalo Farini e in subordine Piazza d’Armi, quando l’Inter ha a sorpresa mancato di presentare la propria offerta. L’ipotesi dello scalo Farini era la preferita. E visto che il Comune tiene a rivitalizz­are Porto di Mare, il Milan iniziava a considerar­e di trasferire lì uno dei suoi centri allenament­o (Vismara o Milanello), a condizione di poter costruire lo stadio allo scalo Farini, cosa che restava comunque difficile perché l’accordo di programma va in un’altra direzione.

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Manager Alessandro Sorbone (foto), nominato un anno fa Chief operation manager di Ac Milan, ha gestito assieme all’immobiliar­ista Parnasi la trattativa con il Comune sull’area da destinare allo stadio di proprietà del club rossonero

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