Progetti e retromarce L’ultima trattativa sull’ex scalo Farini
Da Santa Giulia alla Bovisa, la caccia del club ai terreni
L’arresto dell’immobiliarista Luca Parnasi, coinvolto nell’inchiesta sullo stadio dell’As Roma, sorprende anche a Milano. Era fine 2017 quando il costruttore si propose al club rossonero come consulente per l’impianto di proprietà, ipotesi tante volte considerata ma poi accantonata. Il momento era propizio. L’amministrazione (con il sindaco Beppe Sala in prima persona) sollecitava una decisione del Milan (nuovo stadio e conseguente abbandono di San Siro, oppure partecipazione agli investimenti sul Meazza?). E d’altra parte nel Consiglio d’amministrazione della società di via Aldo Rossi era entrato l’avvocato Roberto Cappelli, che proprio con Parnasi seguiva lo sviluppo di Tor di Valle adesso al centro dell’inchiesta capitolina.
A gennaio il Milan disdice il contratto con la società che gestisce San Siro, a febbraio nomina l’immobiliarista romano advisor esterno per la ricerca di un’area adatta allo stadio e lo studio di fattibilità del progetto. Parnasi, a quel punto, si inserisce a pieno titolo al tavolo delle trattative con il Comune al fianco di Alessandro Sorbone, nominato un anno fa chief operation manager del Milan. Il grosso del lavoro di Parnasi, la selezione delle zone papabili per lo stadio, era già fatto, anche se nei fatti le discussioni con il Comune stavano continuando. Il club rossonero, raccontano fonti finanziarie vicine all’operazione, a questo punto dovrà decidere un paio di cose: se continuare sulla strada (preferita) dello stadio di proprietà o tornare su San Siro. E poi, se revocare il mandato di advisor alla società di Parnasi o attendere gli sviluppi dell’attività istruttoria.
Spiazzano anche le intercettazioni emerse sul fronte milanese (la società di Parnasi avrebbe provato — invano e pare in modo indiretto — ad offrire un appartamento all’assessore all’Urbanistica Pierfrancesco Maran per ammorbidirlo su eventuali accordi immobiliari), ma dalle fonti è chiusura totale: «Parnasi avrà anche altri affari a Milano, non stava certo parlando dello stadio», sono le parole dietro cui si trincerano. In realtà l’immobiliarista quarantenne, reduce dalla pesantissima ristrutturazione del gruppo di famiglia (con Unicredit che sta gestendo la liquidazione), era praticamente assente dalla piazza meneghina. Stava provando a entrarci, si era presentato non più come costruttore puro ma come coordinatore di una operazione di «rigenerazione urbana». Nei mesi ha selezionato vari terreni in base a parametri di appetibilità utilizzati per Tor di Valle: densità di abitanti (e tifosi), facilità di accesso, infrastrutture e soprattutto dimensioni ampie. La sua idea — a Roma come a Milano — era trovare uno spazio da destinare non solo all’impianto sportivo ma anche a servizi e sviluppo immobiliare. Nei mesi aveva scartato Santa Giulia, Rogoredo, Ortomercato, Porto di Mare, Bovisa e Sesto, considerando invece lo scalo Farini e in subordine Piazza d’Armi, quando l’Inter ha a sorpresa mancato di presentare la propria offerta. L’ipotesi dello scalo Farini era la preferita. E visto che il Comune tiene a rivitalizzare Porto di Mare, il Milan iniziava a considerare di trasferire lì uno dei suoi centri allenamento (Vismara o Milanello), a condizione di poter costruire lo stadio allo scalo Farini, cosa che restava comunque difficile perché l’accordo di programma va in un’altra direzione.