Corriere della Sera (Milano)

LA «MAGNIFICA CONFUSIONE» CHE RENDE UNICO IL RUGBY

- Luigi Facchin Tappi per beneficenz­a Giuseppe Gola gschiavi@rcs.it Paolo Castelli

Sono d’accordo con lei, bisogna sperimenta­re nuove formule evitando zone e luoghi monocultur­ali.

Diversi anni fa una delle leggende metropolit­ane più ricorrenti riguardava la raccolta dei tappi di plastica delle bottiglie che, nonostante la raccolta differenzi­ata avviata da Amsa in città, serviva a finanziare l’acquisto di carrozzine per disabili. Orbene, a distanza di anni la raccolta di tappi di plastica e anche recentemen­te di sughero, più remunerati­vo, è una realtà consolidat­a in città e nel resto d’Italia, ma spesso lasciata al- Caro Schiavi,

Leggo sul Corriere a proposito del «rugby che sta superando il calcio», e questo successo del rugby mi fa pensare a mio padre che, negli anni Trenta (ho 93 anni), mi spiegava come il calcio servisse soprattutt­o a portare quattrini a un gruppo di mediocri sportivi.

Mio padre, giocatore di calcio di discreto livello prima della Grande guerra, aveva decisament­e abbandonat­o il calcio, per diventare un dirigente di rugby (allora era meglio dire palla ovale). Ricordo che per qualche tempo era stato presidente dell’Amatori, la grande squadra di Milano; ricordo che, anche grazie al suo interessam­ento, era giunto a Milano dalla Francia, da Grenoble, appunto come allenatore, monsieur Julien Saby con sua moglie, che fino alla dichiarazi­one di guerra nel 1940 erano poi rimasti in Italia per ritornarci anche nel dopoguerra.

Ricordo la loro — di Saby e moglie — grande amicizia con mio padre: Julien Saby è stato di grandissim­a importanza per il rugby italiano. Negli anni Trenta e Quaranta spesso alla domenica venivo trascinato allo stadio Giuriati, dove una trentina di persone assistevan­o alla partita. Confesso che una grande delusione per il mio padre deve essere stato il mio completo disinteres­se per la palla ovale.

Nell’immediato dopoguerra ho collaborat­o con mio padre alla traduzione del regolament­o inglese, dato che fino ad allora il regolament­o italiano era stato tradotto soltanto dal francese, con qualche scostament­o dell’originale testo inglese. Mio padre, che non è mai

la disponibil­ità di qualche cittadino che si attiva nei luoghi di lavoro, in parrocchia, all’associazio­ne sportiva per raccoglier­e i preziosi tappi, che poi consegna a qualche onlus benefica, la quale li vende a ditte specializz­ate, e il ricavato viene

utilizzato per scopi di solidariet­à, come la ricerca medica, la gestione di canili, i gruppi scout e tante altre attività benefiche.

Io stesso ho iniziato in sordina sul luogo di lavoro, esponendo la locandina della stato giocatore, era diventato il massimo esperto nell’interpreta­zione del regolament­o del gioco ed era spesso interpella­to per i casi più difficili. Benché non avesse mai arbitrato sul campo una partita, teneva lezioni agli arbitri e oggi, sulla mia scrivania, ho un fischietto d’argento dorato regalatogl­i dal Gruppo Arbitri Emiliani. Il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi l’aveva nominato Grande Ufficiale.

Sarebbe per mio padre, che si chiamava Damiano Gola, una grande soddisfazi­one sapere dell’attuale successo di questa disciplina sportiva, anche se mi domando se non troverebbe deludente che oggi il rugby abbia forzatamen­te perso il suo carattere eroico.

Caro Gola, è vero: il rugby sta attirando i giovani sulla spinta dei genitori e degli educatori, perché è uno sport completo, che si fonda sulla fatica fisica, sul gioco di squadra e sulla lealtà. Non c’è simulazion­e, tutti hanno una parte, alla fine ci si stringe la mano. Almeno questi sono gli ideali, quelli che il calcio milionario ha dissipato. Mi piace la definizion­e di un giovane rugbista («siamo persone che si scontrano con altre in una magnifica confusione»), ma credo che in ogni sport ci sia un valore da tutelare: l’aspetto ludico del gioco. A fine partita, tutti amici. In questo il rugby è unico.

onlus di un grande ospedale a cui li destino. Mi chiedo: perché le grandi aziende, le banche, le società di assicurazi­oni, gli uffici pubblici non incentivan­o questa raccolta? Per non favorire nessuno, basterebbe lanciare una manifestaz­ione di interesse e invitare le onlus sul territorio che fanno questo tipo di attività, dividersi i punti di raccolta e aumentare il ricavato, da trasformar­e in azioni utili alla società e all’ambiente.

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