L’onda lunga di Cannes
Dal maestro giapponese Kore-eda agli iraniani Panahi e Farhadi: sei film dal festival della Croisette
Quest’anno il festival di Cannes ha messo d’accordo tutti, critici e spettatori. E se qualche film meritevole è rimasto escluso dal palmarès, è perché non c’era un numero sufficiente di premi. Gli italiani hanno esultato e i due film vincitori — «Dogman» di Matteo Garrone (miglior attore a Marcello Fonte) e «Lazzaro Felice» di Alice Rohrwaher (miglior sceneggiatura ex aequo) — sono da tempo in sala. Rimane molto altro: e a ciò provvede «Le vie del cinema», che da sabato a giovedì 21 giugno, grazie al’Agis, offre una bella selezione dei film presentati sulla Croisette. Novità di quest’anno: biglietto a prezzo ridotto, appuntamenti quasi esclusivamente serali, e critici che presentano i titoli più attesi.
Il 16 all’Anteo (ore 21.30) c’è la Palma d’oro «Shoplifters» di Hirokazu Kore-eda. L’ultimo regista giapponese ad avere vinto un premio internazionale importante era stato Kitano con «Hana-bi» (Venezia 1997). Kore-eda non è ancora arrivato al grande pubblico, almeno in Italia, ma non è certo uno sconosciuto: «Fuori orario» di Ghezzi lo segue dalla sua opera prima «Maborosi» (1995). Nel corso degli anni Kore-eda ha creato uno stile tutto suo, pacato, riflessivo, tant’è che gli è stata appiccicata l’etichetta di «nuovo Ozu» — anche se lui ha ribattuto di sentirsi più vicino a Ken Loach. La sua estetica si riassume in due frasi: «I dettagli sono importanti» e «Non tutto deve avere un significato preciso. Altrimenti soffocheremmo». La sua capacità di raccontare con sensibilità storie dolorose, evitando forzature e toni gridati, è mostrata dal suo nuovo film, dove una bambina abbandonata per strada viene accolta in una famiglia che campa di furtarelli, ai margini della società. Le ragioni della legge, della morale e degli affetti: una partita difficile, che si gioca, almeno nella prima parte, con toni quasi da commedia.
Lo stesso giorno, alle 19.30, è in programma «Three Faces» di Jafar Panahi, che ha condiviso il premio della sceneggiatura con il nostro «Lazzaro». Impossibilitato a lasciare l’Iran e in teoria agli arresti domiciliari, il regista sfida un’altra volta il regime totalitario andando in un paesino di montagna, dove una ragazza vuole a tutti i costi fare l’attrice. Un altro regista iraniano, Asghar Farhadi, che da tempo è di casa in Francia, ha girato «Todos lo saben» (il 20 all’Arcobaleno e il 21 all’Anteo) in Spagna: un ritratto di famiglia con un segreto, interpretato da un cast di star: Javier Bardem, Penélope Cruz, Ricardo Darín.
Tra i film più applauditi ci sono sicuramente «Cold War» di Pawel Pawlikowski (il 17 all’Anteo e il 20 al Colosseo), premiato come miglior regia: la Polonia anni cinquanta, in bianco e nero e a ritmo di jazz; e «En guerre» di Stéphane Brizé (il 18 all’Anteo e il 21 all’Arcobaleno), senza riconoscimenti ufficiali ma assai apprezzato per il piglio polemico e anticapitalista. Rimane il premio della giuria «Capharnaüm» di Nadine Labaki (il 17 al Colosseo e il 19 all’Arcobaleno), girato nei bassifondi di Beirut: preparate i fazzoletti.