Voti su, stipendi giù
ALI TARPATE AL TALENTO FEMMINILE
«La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore». Lo dice l’articolo 37 della Costituzione. Purtroppo non lo confermano i fatti. Come ha mostrato l’indagine condotta dal Politecnico di Milano sui propri laureati, le donne sono da subito penalizzate in modo pesante. Conquistano l’assunzione con più difficoltà. Hanno contratti più instabili. E sono anche meno pagate. Molto meno. A un anno dall’assunzione, 1.331 euro al mese contro i 1.595 dei colleghi maschi. Manca all’appello il 16,5% dello stipendio. E pensare che, se si guardasse al merito, le ragazze dovrebbero essere pagate di più: come evidenzia la stessa ricerca, si laureano con voti più alti. È arrivato il momento di mettere la questione del gender pay gap in cima all’agenda del lavoro. E per farlo non si può che partire da qui. Da Milano e dal Nord Ovest. Il territorio con la maggior concentrazione di grandi aziende. Che per vocazione e cultura possono indicare la strada. Assolombarda, con il suo presidente Carlo Bonomi, ha fatto della valorizzazione dei talenti femminili una bandiera. Perché migliori qualcosa non si potrà fare a meno del contributo degli uomini ai vertici di organizzazioni, imprese e sindacati. Certo, se si vuole accelerare il cambiamento, se si vuole che i nostri figli ne raccolgano i frutti, potrebbe non bastare. Una legge potrebbe essere necessaria. Come quelle presenti in molti Paesi in Europa.