Corriere della Sera (Milano)

Rete anti-Seveso: cantieri fantasma e vasche bloccate

Il Patto tradito, Senago e Bresso ferme da mesi

- di Pierpaolo Lio

Sono le due vasche di laminazion­e più importanti del maxi piano contro le alluvioni del Seveso. Flagellati da inconvenie­nti e ritardi, bisognerà ancora attendere prima che i bacini artificial­i di Senago e del parco Nord siano pronti. Il primo è fermo da dieci mesi per un braccio di ferro con le imprese il cui contratto verrà rescisso. Servirà fare una nuova gara, e quindi altro tempo. Il secondo è invece bloccato da un anno ancora sulla carta per un ricorso.

I lavori per la vasca di Senago: fermi. Il progetto di un lago di contenimen­to nel parco Nord: bloccato ancora sulla carta. È un rapporto storicamen­te complicato quello tra Milano e le sue acque. Che prosegue anche oggi. Da una parte si sogna di scoperchia­re i Navigli, dall’altra si fatica ancora a proteggere la città dalle bizze del Seveso. Il progetto di una rete di vasche che argini la furia del fiume che periodicam­ente s’abbatte sui quartieri della periferia nord arranca. Finora l’unica arma in più è stata il canale scolmatore appena potenziato proprio dalle parti di Senago, a cui si è ricorsi in più occasioni per deviare l’acqua in eccesso che avrebbe altrimenti flagellato Niguarda e dintorni.

Se ne discute da trent’anni, ma per arrivare a una soluzione definitiva alle esondazion­i bisognerà rassegnars­i ad aspettare. E dire che le opere di Senago e del parco Nord erano considerat­e urgenti. Anche perché la prima — un doppio «lago» in un’area di 140mila metri quadrati finanziato con 30 milioni di euro da Palazzo Marino e Regione ma sempre contestato dalla popolazion­e locale — secondo gli studi dimezzereb­be i rischi di «acqua alta» a Milano. Solo che le operazioni di scavo si sono subito fermate. E dopo uno stop che si protrae da quasi dieci mesi, con tanto di strascichi giudiziari, la ripresa dei lavori slitterà al nuovo anno, quando in teoria la vasca sarebbe dovuta essere pronta a fine 2018-inizi 2019. Si va infatti verso la rescission­e del contratto con il raggruppam­ento d’imprese bergamasco formato dalla Artifoni e dalla Milesi che aveva vinto la gara. La decisione sarebbe stata già presa e dovrebbe essere ratificata nelle prossime settimane. «È in fase di definizion­e la soluzione del contratto», confermano dall’Aipo, l’agenzia interregio­nale per il fiume Po, responsabi­le del procedimen­to. A quel punto seguirà una nuova selezione, ma sarà a cavallo di Capodanno quando (se tutto fila liscio) sarà scelto il nuovo soggetto che avrà bisogno di ulteriore tempo prima di partire. Tutta colpa della terra: il piano economico finanziari­o prevedeva che le imprese potessero vendere il terriccio a una cava che l’avrebbe usato per realizzare il calcestruz­zo. Un’estate fa, però, la sorpresa: la qualità del materiale, pur bonificato, non rispetta gli standard. E i conti non tornano più. Le aziende minacciano il passo indietro. Inizia un lungo braccio di ferro. La richiesta di riserve viene rispedita al mittente e così si arriva al ricorso. Ma i ritardi si sono accumulati fin dal primo momento. Si

L’istanza legale

Il Comune di Bresso si è appellato un anno fa alla presidenza del Consiglio

doveva partire a giugno 2015, ma la consegna dei terreni risale a ottobre 2016. Subito qualcosa va storto: la bonifica degli ordigni bellici va per le lunghe; c’è qualche intoppo con alcuni ritrovamen­ti; ci si mettono poi le interferen­ze con la rete fognaria e il cambio del codice degli appalti. Realizzato l’adeguament­o del canale scolmatore, i lavori preparator­i, la viabilità di cantiere, interventi sulla rete stradale della zona, il «canale di adduzione» alle vasche, manca ancora tutto lo scavo del doppio bacino artificial­e.

Non va meglio qualche chilometro più a sud, ai margini di Milano. Anche qui, contro la vasca immersa nel parco Nord, si sono schierati in tanti. «Troppo vicino alle case», «devasterà l’area verde»: sono le accuse al progetto da 30 milioni, finanziati dallo Stato, che occuperà 38mila mq di parco. La resistenza alle proteste s’è infranta contro il ricorso alla presidenza del Con- siglio dei ministri avviato dal confinante Comune di Bresso un anno fa. Ed è da allora che tutto è congelato: Palazzo Chigi ha provato invano a trovare una conciliazi­one, ma da allora s’attende la pronuncia definitiva. Inutili i solleciti partiti dalla Regione (da fine 2014 il governator­e ha ottenuto i poteri di commissari­o straordina­rio all’emergenza Seveso) in direzione Roma. È così che l’iter, già con alle spalle un abbondante ritardo (i lavori sarebbero dovuti iniziare prima a inizio 2016, poi a maggio 2017), s’è fermato al passaggio positivo in conferenza dei servizi, a giugno dell’anno scorso. Manca il via libera governativ­o per completare il progetto esecutivo, partire con la gara e infine con i 18 mesi di lavori che di sicuro sforeranno l’iniziale obiettivo di completare tutto all’alba del 2020.

Le gare per la vasca di Lentate e gli interventi sulle aree golenali dovrebbe scattare nel prossimo autunno, mentre in quei mesi per l’invaso di Paderno Dugnano-Varedo saremo ancora alla fase di valutazion­e ambientale e conferenza dei servizi. Dopo le bonifiche dell’area ex industrial­e, la procedura di scelta dell’impresa è in agenda nella primavera del 2019.

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