Passeggiata inedita all’ombra dell’arboreto nell’Orto Botanico
Dietro una siepe di agrifogli e tassi si cela l’Arboreto dell’Orto Botanico L’antico giardino riapre arricchito di oltre 300 nuove specie autoctone
Copriva un terzo dell’area dell’Orto Botanico di Brera ed era ridotto a un terreno quasi incolto e inaccessibile. Un lungo lavoro di recupero lo riporta alla città. L’antico giardino, ricco di piante ad alto fusto, riapre al pubblico arricchito di oltre 300 nuove specie autoctone.
In pieno centro città, ai margini del Quadrilatero, batte un piccolo cuore verde: è l’oasi dell’Orto Botanico di Brera, 5mila metri quadri stretti tra gli edifici del quartiere e il palazzo braidense. Un luogo ideale per la flanerie, per la lettura e la meditazione, per passeggiare tra storia, cultura e natura: fondato nel 1774-75 dall’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, nell’ottica illuminata di creare centri pubblici di studio, formazione e ricerca, dal 1935 è annesso all’Università degli Studi che lo gestisce tutt’ora e vanta 150mila visitatori l’anno. Un luogo che da febbraio di quest’anno si è meritato il titolo di Museo autonomo, distaccandosi dal Museo Astronomico cui era legato, e come tale offre ai visitatori aperture orarie adeguate e attività didattiche accattivanti: percorsi educativi per scuole e famiglie, visite guidate per grandi e piccoli, anche in joint venture con la Pinacoteca.
Ora un nuovo passo avanti: inaugura questa sera e apre al pubblico domani l’area dell’Arboreto completamente riqualificata. «Dopo il restauro degli anni ’90, che ha recuperato le aiuole e le vasche ellittiche originali settecentesche, abbiamo reso fruibile anche questa zona, che copre un terzo del giardino. Qui si trovano le più importanti piante d’alto fusto come i nostri Ginko Biloba, nati nel ‘700, simboli e patriarchi dell’Orto — racconta il direttore Martin Keter, genetista molecolare olandese naturalizzato a Milano per amore —. Era un terreno quasi incolto, con la pioggia diventava fangoso, inaccessibile. Ora ci sono sentieri di ghiaia, si è disegnata un’area ellittica detta “Vasca del pensiero” con una panca come luogo d’incontro, si è nascosta alla vista con un rialzo erboso l’area di compostaggio, si è scavata una cisterna per il riutilizzo delle acque». Come un segreto da scoprire, l’Arboreto si cela dietro una siepe di agrifogli e tassi, una cesura tra le due «anime» del giardino, sospeso — come il XVIII secolo in cui è nato — tra Illuminismo e Romanticismo: l’anima più scientifica, razionale, rigorosa, suggerita delle aiuole con le collezioni di erbe mediche e aromatiche, e quella più selvatica, emozionale, pittoresca dell’Arboreto, arricchita in questa occasione con più di 300 nuove specie. Le novità messe a dimora sono autoctone: felci, arbusti, erbe fiorite, studiate in modo che ogni mese e ogni stagione l’aspetto muti nelle luci e nei colori. «Questo non è un giardino di piante esotiche ma soprattutto locali. Ogni volta che si introduce una nuova specie bisogna fare attenzione al suo impatto sull’equilibrio dell’habitat». Equilibrio non turbato dai germani reali che da anni vengono a metter su famiglia nelle vasche, i piccoli che sguazzano dietro la mamma. Obiettivo del direttore, della conservatrice Antonella Testa e dell’intero team del Museo è valorizzare l’area per renderla sempre più vivibile, avvicinando al tempo stesso i visitatori alla cultura scientifica e botanica: i beni naturalistici, al pari dei beni artistici e culturali, si impara a rispettarli quando li si conosce. Of course, in questa stagione serve lo spray antizanzare.