CORSO VENEZIA PASSEGGIATA A GUERRA FINITA
Caro Schiavi, treno Pavia-Milano: sono in una carrozza con altri passeggeri, giovani ed extracomunitari. Qualcuno parla di fermarsi a Rogoredo e so già perché: il famigerato boschetto della droga. Altri stanno silenziosi in attesa. Arriva il controllore. Fuori i biglietti. È una donna, gentile ma ferma. Sul sedile accanto al mio ci sono due stranieri che alla richiesta del ticket mostrano di non aver capito. La «controllora» si spazientisce un po’ e fa vedere un biglietto normale, ma i due allargano le braccia. Allora li invita a pagare il biglietto, ma i due dicono che non hanno soldi. Chiede un documento, ma anche questa richiesta risulta vana. Davanti a una situazione che si ripete piuttosto spesso, la donna prende il telefonino e chiama la polizia: è una finzione, per spingere i due almeno a fornire le generalità. A questo punto interviene un passeggero e se la prende con chi fa il proprio dovere di controllare i biglietti. «Perché si è incattivita contro due poveri cristi fuggiti dai paesi di origine? Non meritano di essere trattati così...». Resto allibito, come la «controllora» che cerca di spiegare che fatti del genere sono all’ordine del giorno. Che fare? Non capisco chi viaggia senza biglietto e ancora meno chi si ostina a difendere questa prassi.
Ormai non sono pochi i lettori che evidenziano la piaga dell’evasione tariffaria in metrò, lamentando il passaggio di molti passeggeri ai tornelli apparentemente senza biglietto. «Apparentemente», perché Atm si ostina a dire che questa evasione in metrò è minima. Evidentemente vogliono farci intendere che è solo una errata «percezione». Ma qual è il vero motivo visto che, oggettivamente, percezione non è?
Alle stazioni Uruguay, Porta Genova e a volte anche Duomo mi è capitato di trovare i tornelli liberi in entrata e in uscita. È solo un caso?
Cari lettori, l’evasione del biglietto è una pratica purtroppo diffusa, sui treni regionali e su tram e bus. Molto meno in metrò, nonostante le segnalazioni: la rivoluzione dei tornelli ha cambiato la prassi dei furbetti che timbravano biglietti usati. Io sono dalla parte dei controllori che fanno il loro dovere, rischiando insulti e aggressioni. Vanno aiutati, ma soprattutto chi viaggia sui mezzi pubblici deve sapere che il biglietto si paga. l’autunno del 1945. La guerra è finita da poco. Si torna a vivere la città. Ecco la famiglia Orlandi a passeggio in una giornata ancora tiepida in un irriconoscibile corso Venezia. «In primo piano c’è mio fratello Alessandro di 4 anni. Io — scrive al Corriere della Sera la nostra lettrice Maria Antonietta Orlandi — ne avevo 7. Lo osservo con la mamma e papà. Ho ritrovato questa foto riordinando cassetti con ricordi di famiglia». Inviate le vostre foto della memoria all’indirizzo mail pdamico@corriere.it.