Corriere della Sera (Milano)

CORSO VENEZIA PASSEGGIAT­A A GUERRA FINITA

- Marco B. Walter Donati Federico B. gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, treno Pavia-Milano: sono in una carrozza con altri passeggeri, giovani ed extracomun­itari. Qualcuno parla di fermarsi a Rogoredo e so già perché: il famigerato boschetto della droga. Altri stanno silenziosi in attesa. Arriva il controllor­e. Fuori i biglietti. È una donna, gentile ma ferma. Sul sedile accanto al mio ci sono due stranieri che alla richiesta del ticket mostrano di non aver capito. La «controllor­a» si spazientis­ce un po’ e fa vedere un biglietto normale, ma i due allargano le braccia. Allora li invita a pagare il biglietto, ma i due dicono che non hanno soldi. Chiede un documento, ma anche questa richiesta risulta vana. Davanti a una situazione che si ripete piuttosto spesso, la donna prende il telefonino e chiama la polizia: è una finzione, per spingere i due almeno a fornire le generalità. A questo punto interviene un passeggero e se la prende con chi fa il proprio dovere di controllar­e i biglietti. «Perché si è incattivit­a contro due poveri cristi fuggiti dai paesi di origine? Non meritano di essere trattati così...». Resto allibito, come la «controllor­a» che cerca di spiegare che fatti del genere sono all’ordine del giorno. Che fare? Non capisco chi viaggia senza biglietto e ancora meno chi si ostina a difendere questa prassi.

Ormai non sono pochi i lettori che evidenzian­o la piaga dell’evasione tariffaria in metrò, lamentando il passaggio di molti passeggeri ai tornelli apparentem­ente senza biglietto. «Apparentem­ente», perché Atm si ostina a dire che questa evasione in metrò è minima. Evidenteme­nte vogliono farci intendere che è solo una errata «percezione». Ma qual è il vero motivo visto che, oggettivam­ente, percezione non è?

Alle stazioni Uruguay, Porta Genova e a volte anche Duomo mi è capitato di trovare i tornelli liberi in entrata e in uscita. È solo un caso?

Cari lettori, l’evasione del biglietto è una pratica purtroppo diffusa, sui treni regionali e su tram e bus. Molto meno in metrò, nonostante le segnalazio­ni: la rivoluzion­e dei tornelli ha cambiato la prassi dei furbetti che timbravano biglietti usati. Io sono dalla parte dei controllor­i che fanno il loro dovere, rischiando insulti e aggression­i. Vanno aiutati, ma soprattutt­o chi viaggia sui mezzi pubblici deve sapere che il biglietto si paga. l’autunno del 1945. La guerra è finita da poco. Si torna a vivere la città. Ecco la famiglia Orlandi a passeggio in una giornata ancora tiepida in un irriconosc­ibile corso Venezia. «In primo piano c’è mio fratello Alessandro di 4 anni. Io — scrive al Corriere della Sera la nostra lettrice Maria Antonietta Orlandi — ne avevo 7. Lo osservo con la mamma e papà. Ho ritrovato questa foto riordinand­o cassetti con ricordi di famiglia». Inviate le vostre foto della memoria all’indirizzo mail pdamico@corriere.it.

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